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🤔 Italia: 2023 da luci e ombre…

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!

Ecco cosa offre il menù di oggi:

  • 🤔 Italia: 2023 da luci e ombre…

  • 🇮🇹 La storia delle privatizzazioni italiane

Queste le risposte al sondaggio della scorsa newsletter. Tanti voti per un tema che è sempre molto sentito, e che vede la maggior parte di voi (il 74%) favorevole al Nucleare in Italia.

ECONOMIA ITALIANA

🤔 Italia: 2023 da luci e ombre…

Che finale di anno è stato il 2023 per l’economia italiana? Dal report di Confindustria emerge un quadro costellato di luci e ombre…

Alle buone notizie arrivate dal fronte dell’occupazione (in crescita) e dall’inflazione (in discesa), si sono contrapposte le preoccupazioni crescenti per l’instabilità dell’area mediorientale, che stanno già colpendo le esportazioni del nostro paese.

Ma andiamo con ordine e analizziamo alcuni dei principali indicatori che ci danno un'idea di come stia procedendo l'economia italiana.

Come (e quanto) stanno spendendo gli italiani?

  • 🛍️ Faticano le vendite al dettaglio (linea verde): affossate in particolare dal calo nei consumi dei beni alimentari, la contrazione è evidente rispetto al finale del 2021 e l’inizio del 2022

  • 🚘 Abbastanza piatte le immatricolazioni di autovetture (linea rossa): e ancora siamo sotto ai livelli pre-Covid

  • 🤔 In leggera ripresa invece la fiducia delle famiglie italiane (linea blu): elemento positivo e centrale per sostenere i consumi del paese, dato che quando cala la fiducia, anche i consumi diminuiscono

Buone notizie: cresce anche l’occupazione

Il mercato del lavoro italiano tiene: sono +450mila gli occupati a novembre da fine 2022, di cui ben 143mila sono lavoratori a tempo indeterminato.

Ma le buone notizie non finiscono qua….

E questo perché cala (ancora) l’inflazione!

Dopo essere stata a lungo su livelli più alti che nel resto d’Europa, l’inflazione italiana ha decisamente invertito la rotta nel 2023. Ed è proprio sul finale di anno che si è attestata su valori inferiori rispetto a quelli registrati in Spagna, Germania e Francia.

Il calo di dicembre (+0,6% annuo, da +0,7%) sembra essere un autentico caso isolato in Europa, dato che:

  • 🇩🇪 In Germania si è registrato un solido +3,8% annuo

  • 🇫🇷 In Francia un +4,1%

  • 🇪🇺 La media Eurozona è risalita al +2,9%

Non ci sono però solo buone notizie…

A novembre 2023, la produzione industriale ha infatti subito un’altra forte flessione, calando dell’1,5% rispetto a ottobre e del -3,1% rispetto al novembre del 2022.

Fanno meglio di noi sia Francia che Spagna, mentre la produzione tedesca ha continuato a calare ad in ritmo preoccupante (ne abbiamo parlato approfonditamente qui).

E purtroppo, continua nel suo trend decrescente la fiducia delle imprese. La drastica riduzione del commercio internazionale nel Canale di Suez ha contribuito ad alimentare un clima di sfiducia delle imprese italiane, preoccupate dalle difficoltà di passaggio in quella che può essere considerata una delle arterie strategiche più rilevanti per le esportazioni italiane.

Ma quindi, cosa accadrà nei prossimi mesi?

Dopo un finale di 2023 tutto sommato positivo, il 2024 appare più incerto che mai. Ad influenzare l’andamento dell’economia italiana saranno diversi fattori, come:

  • 🏦 La politica monetaria della BCE: i tassi d’interesse sono attesi in calo, ma l’inflazione (specialmente nel resto dell’Europa) non appare ancora del tutto domata. In tal senso la Presidente della BCE Christine Lagarde ha ribadito che si dovranno prima analizzare per bene i dati, per poi dare il via alla discesa dei tassi

  • 🚢 L’esito delle tensioni nel Mar Rosso: in un quadro già appesantito da una generale debolezza della domanda di beni, la risoluzione delle tensioni nel Mar Rosso sarà determinante per sbloccare il canale di Suez, rotta assolutamente strategica per le esportazioni e le importazioni italiane.

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Che aspetti?

ITALIA
 🇮🇹 La storia delle privatizzazioni italiane

In questi giorni si è tornato a parlare di privatizzazioni, un tema che in Italia ha sempre fatto discutere (e non poco).

Ma da dove nasce questo fenomeno? E cosa sono state le privatizzazioni degli anni ‘90?

Tra il 1988 e il 1994, in un periodo di circa sei anni, il rapporto tra il debito pubblico italiano e il PIL registrò un aumento di circa 30 punti percentuali, passando dal 90,5% al 121,8%.

Il Governo dell'epoca, chiamato a trovare le risorse necessarie per affrontare una situazione finanziaria critica, decise di cedere alcune aziende pubbliche considerate di dimensioni troppo grandi, poco efficienti e talvolta un peso per le casse statali.

Fu proprio all’alba degli anni ‘90, quando l’Italia raggiunse il rango di quarta potenza mondiale (superando l’UK 🇬🇧), che si aprì la più grande stagione di privatizzazioni del nostro Paese: quel periodo cambiò il volto dell’assetto industriale e dell’Italia intera.

Un decennio di privatizzazioni in pillole

Tra dal 1992 al 1999, lo Stato incassò €110 miliardi, una cifra pari al 12,3% del PIL del 1992 (anno in cui partirono le privatizzazioni).

I settori maggiormente interessati furono:

  • 🏦 Bancario-assicurativo: 31,6% delle aziende privatizzate

  • ☎️ Telecomunicazioni: 33,2%

  • 🚂 Trasporti: 13%

  • ⚙️ Siderurgico: 4,6%

  • 🌽 Alimentare: 3,4%

  • ✒️ Editoria: 2,8%

  • ⚫️ Altri settori: 11,5%

Gran parte delle aziende in questione appartenevano ai maggiori gruppi industriali italiani, ovvero IRI, ENI ed ENEL.

IRI, ENI? Di cosa stiamo parlando?

IRI, ovvero l’Istituto per la Ricostruzione Industriale, ed ENI, l’Ente Nazionale Idrocarburi, erano grandi gruppi di imprese, che avevano una significativa presenza nel settore industriale ed energetico del paese, e che al tempo erano controllate strategicamente dallo Stato.

Nel 1991, si collocavano rispettivamente all'11° e al 18° posto delle più grandi corporation al mondo e assieme impiegavano quasi mezzo milione di addetti.

Quanto ricavò lo Stato dallo smantellamento di questi colossi?

Dallo smantellamento dell’IRI, l’Italia incassò ben 56.000 miliardi di lire: la più grande Holding di partecipazioni statali, con oltre 200 aziende operative, fu smembrata e venduta a pezzi. Le cessioni più importanti furono:

  • 🏦 Credito Italiano e Comit, le banche pubbliche

  • ⚡️ SME, produttrice di energia elettrica

  • 📞 Telecom, azienda di telecomunicazioni

  • 🛣️ Autostrade per l’Italia, concessionaria delle autostrade

L’ENI, in preparazione alla sua apertura agli azionisti privati, cedette attività marginali e si concentrò sulle attività legate al settore del petrolio e del gas, ovvero il core business. In quattro operazioni, fu ceduta una quota del 53,86%, quota di maggioranza e di controllo, e lo Stato passò al 30% circa.

Nel 1992, infine, anche l’ENEL (Ente Nazionale per l'Energia Elettrica) venne trasformata in società per azioni e nel 1999 venne ceduto il 31,7% (4,183 miliardi di azioni).

Nonostante ciò, il Tesoro decise di mantenere i poteri speciali di veto in merito a patti, accordi rilevanti, operazioni di scioglimento, scissione, fusione e trasferimento all'estero.

Ma queste privatizzazioni sono servite a qualcosa?

Secondo un rapporto della Corte dei Conti del 2010, i risultati di quelle privatizzazioni furono controversi.

Se è vero che contribuirono a ridurre il debito pubblico del 10%, le operazioni di privatizzazione spesso risultarono in delle (s)vendite, che non valorizzarono a pieno le società privatizzate e che fecero raccogliere allo Stato meno di quanto avrebbe dovuto.

Inoltre, se da una parte molte aziende recuperarono in redditività, questo miglioramento non è attribuibile a una maggiore efficienza ma ad un semplice aumento delle tariffe (al di sopra della media europea).

E questo soprattutto per quelle imprese privatizzate attive nei settori dell’energia, delle autostrade e delle banche.

E anche la Corte dei Conti ha sollevato qualche dubbio:

«Sono state evidenziate una serie di importanti criticità, che vanno dall'elevato livello dei costi sostenuti e dal loro incerto monitoraggio, alla scarsa trasparenza connaturata ad alcune operazioni, dalla scarsa chiarezza del quadro della ripartizione delle responsabilità […] al non sempre immediato impiego dei proventi nella riduzione del debito.»

Corte dei Conti - Relazione sulle privatizzazioni in Italia (febbraio 2010)

Il tema privatizzazioni è tornato scottante in questi giorni, dato che se ne sta nuovamente parlando dopo che il Governo Meloni si è posto l’obiettivo di raccogliere €20 miliardi per far fronte ad un debito pubblico pericolosamente alto vendendo alcune partecipazioni statali in aziende come ENI, MPS, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato (se vuoi approfondire, ti lasciamo qui il link).

Certo, €20 miliardi su oltre €2.800 miliardi di debito, sono poco più di una goccia d’acqua in un oceano sconfinato.

Fece bene lo stato Italiano a dare il via alle privatizzazioni negli anni '90?

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