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❌ TikTok ha le ore contate?

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  • 📉 Deutsche Bank crolla in borsa: c’è da avere paura?

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📉 Deutsche Bank crolla in borsa: c’è da avere paura?

Tra Silicon Valley Bank e Credit Suisse, possiamo dire che marzo è stato un mese piuttosto complicato per il settore bancario… e la tempesta sembra non calmarsi:

Deutsche Bank è infatti il nuovo istituto finanziario nel mirino dei mercati.

Nella giornata di venerdì la banca ha perso fino al -14% del proprio valore, salvo poi recuperare a fine giornata e chiudere con una perdita del -8%.

Ok, ma cosa è successo?

Per capirlo, è necessario conoscere due termini:

  1. 🥊 Obbligazioni At1: sono obbligazioni subordinate e quindi più rischiose delle altre. La loro peculiarità è che non hanno scadenza e possono essere annullate in caso di caso di difficoltà (l’investitore può rischiare quindi di non essere rimborsato). In cambio pagano un interesse più alto rispetto alle normali obbligazioni.

  2. ❌ CDS (Credit Default Swap): sono strumenti finanziari che permettono all’investitore di proteggersi dal rischio di default di un emittente di debito (in questo caso, una banca). Possono essere acquistati anche senza detenere le obbligazioni dell’ente, di fatto “scommettendo” sul suo fallimento.

Ora che ci siamo detti tutto, cosa è successo a Deutsche?

Come ben sapete (soprattutto se avete letto la newsletter di martedì), Credit Suisse ha deciso di cancellare le sue obbligazione AT1 per un totale di circa $17 miliardi, scatenando il panico e portando l’attenzione dei mercati un po’ su tutto il settore bancario.

Gli investitori, guardandosi intorno hanno messo l’occhio su un’altra banca che negli ultimi anni è stata nell’occhio del ciclone: Deutsche Bank.

Nella giornata di venerdì il panico è iniziato: il valore dei CDS di Deutsche Bank ha infatti raggiunto il massimo da inizio 2019, segno che sempre più persone stavano iniziando a coprirsi dal possibile fallimento della banca.

E questo ha ovviamente causato il crollo del prezzo delle azioni

Ma c’è davvero da avere paura? 😰

In linea di massima: no.

Per provare a calmare gli animi, la banca ha deciso rimborsare in anticipo gli obbligazionisti AT2 (scadenza nel 2028), per un valore di $1,5 miliardi.

Con questa mossa Deutsche ha voluto dire: “Vedete? Abbiamo la liquidità necessaria, non c’è da preoccuparsi!

I vertici della Bce e dei vari governi hanno poi rassicurato i mercati.

“Il sistema bancario dell’Ue è robusto e sicuro, possiede le strutture di controllo necessarie e, grazie al lavoro degli anni passati, le banche sono in una posizione più robusta e resiliente. Inoltre, Deutsche Bank è una banca molto redditizia, non c’è motivo di preoccuparsi.”

Olaf Scholz, Cancelliere tedesco

In effetti, gli indicatori sulla solidità patrimoniale della banca tedesca sono in regola:

  • il CET1 ratio, una misura della solvibilità bancaria, era al 13.4% a fine 2022 (è considerato buono se >10%)

  • il coefficiente di copertura della liquidità era del 142%

  • il coefficiente di finanziamento netto stabile del 119%, secondo il comunicato sugli utili del quarto trimestre 2022.

“Il settore bancario della zona euro è resiliente perché ha posizioni solide in termini di capitale e liquidità. Il monito resta quindi progredire nel completamento dell’Unione bancaria”

Christine Lagarde, Presidente della BCE

Ok, ma se Deutsche è solida, perché il valore dei Cds è aumentato?

  • ❌ Verso la fine della scorsa settimana, due piccole banche tedesche hanno deciso di non rimborsare le obbligazioni AT1 a scadenza

  • 🤔 Alcuni hedge fund hanno capito che gli effetti negativi di quest’azione si sarebbero scaricati su Deutsche. Hanno quindi venduto allo scoperto le sue azioni (scommettendo sul ribasso dei prezzi)

  • 🔎 Oltre a questo, hanno iniziato ad acquistare i Credit Default Swap sulla banca stessa, aumentandone di conseguenza il prezzo

  • 🤑 Quando si è diffusa la paura di un possibile fallimento della banca (scatenata anche dall’aumento del prezzo dei Cds), hanno ricavato ingenti profitti sia dalla vendita delle azioni allo scoperto, sia da quella dei Credit Default Swap

TikTok ha le ore contate?

Ormai la passeggiata di salute delle big tech di fronte al Congresso degli Stati Uniti sta diventando un habitué…

Ci ricordiamo ancora di quando, cinque anni fa, il buon vecchio Zuckerberg fu chiamato dalla Corte Americana per rendere conto di come l’azienda gestisse i dati degli utenti, a seguito del famoso scandalo “Cambridge Analytica (se non lo avete visto, guardate il docufilm “The Great Hack”).

Giovedì 23 marzo è toccato al CEO di TikTok, Shou Zi Chew, chiamato a testimoniare al Congresso sulla sicurezza della piattaforma e a rispondere alle accuse contro la società.

Ma da dove parte tutto?

È da un po’ che gli Usa hanno dei sospetti sulla gestione della privacy degli utenti da parte di TikTok (e il fatto che l’azienda proprietaria ByteDance sia cinese, di certo non aiuta).

Sospetti che però si sono rivelati fondati a dicembre, quando ByteDance ha ammesso come alcuni dipendenti avessero rintracciato e spiato alcuni giornalisti che seguivano le mosse dell’azienda.

Ma cosa è successo?

  • 🔎 I dipendenti di ByteDance stavano cercando qualcuno che aveva rivelato informazioni sensibili dell’azienda ai media

  • 🗂️ Per farlo hanno dato il via ad una caccia all’uomo, provando a ripercorrere le fughe di notizie, conversazioni interne e documenti commerciali

  • 📰 La prima mossa è stata quella di partire dai giornalisti che si occupavano di raccontare l’azienda, poiché erano convinti che la spia interna avesse comunicato in incognito con loro

  • 💾 Hanno quindi ottenuto i loro indirizzi IP ed altri dati sensibili grazie ai loro account TikTok

Una vota che la vicenda è diventata pubblica, ByteDance ha subito condannato le azioni dei propri dipendenti, licenziando i responsabili e provando a rassicurare gli animi di tutti.

Il Senato Americano ha però subito dato avvio alla controffensiva…

Il 14 dicembre è stato infatti approvato un disegno di legge (No TikTok on Government Devices Act) per impedire ai dipendenti federali di utilizzare il social sui dispositivi del governo.

La giustizia statunitense sta indagando per capire quale rapporto leghi TikTok al governo di Pechino e se i dati raccolti vengano strumentalizzati dalla Cina per cospirare contro le istituzioni democratiche, spiando e influenzando l’Occidente.

Ed ecco perché il CEO di TikTok è stato chiamato a testimoniare

Durante le cinque ore di colloquio, il CEO è stato tempestato di domande, alcune sensate e altre meno.

Un tema rilevante sollevato è stato il rischio che certi video di alcune categorie di persone (es. persone di colore) siano "flaggati" e di conseguenza abbiano meno possibilità di andare virali, con un conseguente impatto sulle PMI con a capo persone di colore.

Altre domande invece hanno mostrato come alcuni politici non avessero davvero chiaro quello che stessero chiedendo… Un esempio? “TikTok si può connettere al mio wifi di casa?”

Il tema più rilevante è stato sicuramente il rapporto tra TikTok e ByteDance: su questo tema il CEO è stato chiaro. TikTok è un’azienda privata, per il 60% nelle mani di investitori istituzionali sparsi in giro per il mondo.

Sempre secondo il CEO, l’azienda non ha contatti con il Partito Comunista Cinese, soprattutto per quanto riguarda TikTok in sé, che è distaccata da ByteDance, avendo sede a Los Angeles e Singapore.

TikTok rischia quindi il ban negli Stati Uniti?

Non è più un’ipotesi così remota.

Per evitarlo, TikTok aveva già annunciato “Project Texas”, un investimento da $1,5 miliardi in collaborazione con Oracle, per immagazzinare i dati dei 150 milioni di utenti americani sul suolo statunitense, creando una nuova entità separata (la TikTok U.S Data Security Inc), autonoma rispetto alla madre ByteDance.

Quindi TikTok o chiude o vende?

Ciò che lascia molti perplessi è la richiesta del Congresso, che ha messo di fronte a TikTok la scelta di essere o bannato o di vendere ad una società tech americana.

A questa proposta lo stesso CEO ha commentato duramente come le società tech americane non siano esattamente l’esempio nelle gestione dei dati: “basti pensare al caso Facebook e Cambridge Analytica”.

Dietro al ban c’è Facebook?

Secondo molti dietro alle pressioni per il ban ci sarebbe la stessa Facebook, trovatasi in difficoltà dalla pressione competitiva di TikTok.

Facebook (Meta) che ogni anno investe $20 milioni in attività di lobbismo, ben 4x volte ciò che investe TikTok. E questa cifra è in aumento del +67% rispetto al 2018, segno di come Zuckerberg stia tenendo sotto controllo il competitor.

E questo dato fa riflettere, soprattutto se contestualizzato con ciò che Facebook ha fatto un anno fa…

Nel 2022 infatti l’azienda di Zuckerberg aveva ingaggiato una società di consulenza per creare articoli che infangassero TikTok, in modo da far crescere un sentimento di odio nel cuore dei 45-60enni americani che portasse ad una volontà di "mandare via l'app cinese".

E forse il buon vecchio Zuck sta riuscendo nella sua crociata…

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🇮🇹 Confindustria: per l’Italia crescita piatta nel 2023 (Ansa)

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Oggi nella storia? Il 26 marzo 1953, Jonas Salk, ricercatore americano, annuncia in un programma radiofonico nazionale di aver testato con successo un vaccino contro la poliomielite. Solo l’anno prima erano stati rilevati negli US 58.000 casi e ben 3.000 persone erano decedute a causa della malattia.

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