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🇮🇹 Governo: ok gli aiuti ai lavoratori nel 2023, ma…

Le misure di sostegno introdotte quest’anno dal Governo Italiano vanno dal taglio del cuneo contributivo fino alla detassazione dei premi di produttività, con un costo per le casse statali di circa €10,4 miliardi.

Queste iniziative sono state promosse con convinzione dall’attuale esecutivo nel tentativo di difendere i salari dei lavoratori dall’inflazione e ora dalle parti di Palazzo Chigi ci si interroga su come far fronte al loro rinnovo.

La “Legge di Bilancio” è lo strumento con cui viene approvato il bilancio dello Stato e con questa viene determinata l’assegnazione delle risorse alle diverse voci che compongono il conto economico italiano (sanità, istruzione, etc…).

Ma quali sono le misure del Governo nel 2022?

Lo scorso anno, il governo Meloni ha deciso di predisporre una buona parte delle risorse disponibili a tutela dei lavoratori, tramite una serie di interventi.

L’aiuto più consistente è stato il famigerato taglio del cuneo fiscale, aka una riduzione dei contributi previdenziali a carico del lavoratore.

Questo intervento ha consentito uno sconto sull’aliquota di sette punti percentuali per i lavoratori con una retribuzione lorda fino a €25mila e di sei punti per quelli fino a €35mila.

Un’altra misura (costata €332,2 milioni) ha riguardato i fringe benefit, beni o servizi che il datore di lavoro può assegnare ai propri dipendenti (come la macchina aziendale), dove l’intervento ha previsto l’aumento a €3mila della soglia di non imponibilità fiscale.

Quest’anno, il suddetto aumento pare essere previsto soltanto per i lavoratori con i figli a carico, mentre per tutti gli altri si tornerà a €258,23.

C’è poi la tassazione agevolata al 5% dei premi di produttività…

…ossia gli importi variabili che possono essere riconosciuti ai lavoratori legati ad obiettivi di aumento della produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione dell’azienda.

La tassazione agevolata (a regime del 10%, per quest’anno al 5%) si applica per premi fino a €3mila annui a coloro che hanno avuto nell’anno precedente un reddito di lavoro dipendente fino a €80mila.

Ci sono poi altri due aiuti minori, che riguardano i lavoratori del turismo.

Una è la tassazione agevolata al 5% delle mance versate dai clienti, anche con strumenti di pagamento elettronici (nel limite del 25% del reddito di lavoro dell’addetto).

L’altro, previsto con il decreto Lavoro, è invece un bonus valido dal 1° giugno al 21 settembre 2023 per gli addetti del settore turistico e degli stabilimenti termali: un importo esentasse pari al 15% delle retribuzioni lorde per il lavoro notturno e per il lavoro straordinario effettuato nei giorni festivi.

Ok, tutto molto bello, ma il prossimo anno?

Si sta discutendo proprio in questo periodo (e si continuerà a farlo fino all’approvazione della prossima legge di bilancio) su quali saranno gli aiuti che lo Stato Italiano sarà in grado di dare ai proprio lavoratori il prossimo anno.

La sfida per il mantenimento delle misure a sostegno dei lavoratori nel 2024 si giocherà tutta in funzione delle risorse disponibili per la prossima manovra di Bilancio, con il messaggio mandato da Meloni che è però piuttosto chiaro: dobbiamo razionalizzare le spese.

In collaborazione con: Trade Republic

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Cosa aspetti?

📞 Tim: costretta a vendere la sua rete?

Quest’anno il mondo delle telecomunicazioni sembra non voler far prigionieri.

Se da un lato Vodafone Italia ha rischiato di lasciare a casa circa 1.000 dipendenti (salvo poi riuscire a trovare un accordo con i sindacati e scongiurare il pericolo tramite pre-pensionamenti, riqualificazioni professionali e uscite volontarie), TIM si sta vedendo invece costretta a vendere la propria infrastruttura di rete, per far fronte ad un debito che ha raggiunto la cifra “monstre” di oltre €30 miliardi.

Eppure, non è sempre stato così…

Prima della privatizzazione, avvenuta nel 1997, Tim (o meglio, Telecom) era una società solida e fortemente incentrata sull’innovazione tecnologica, tanto che era addirittura arrivata a fare un’offerta per l’acquisto di Apple, direttamente a Steve Jobs (senza che poi l’accordo si concludesse).

Il suo valore all’epoca? Ben €90 miliardi, con una forza lavoro da oltre 120.000 dipendenti.

Poi, la scalata ostile da parte di Roberto Colaninno, finanziata per gran parte da debito (circa €85 miliardi) e resa possibile a causa del non utilizzo da parte del Governo di allora del Golden Power, nonostante molti (tra cui Mario Draghi) si dissero fortemente contrari alla manovra.

Nel momento in cui Olivetti (con cui era stata condotta l’acquisizione) e Telecom si fusero assieme, tale debito ricadde proprio sulla stessa Telecom, che non sarebbe più riuscita a liberarsene…

E poi ci si sono messe anche le condizioni del mercato italiano…

…caratterizzato per una serie di motivazioni (non ultimo l’ingresso da parte di Iliad nel 2018) da prezzi estremamente bassi, soprattutto se rapportati ad altri paesi europei o agli Stati Uniti.

Prezzi bassi = Margini Bassi, il che rende difficile stare al passo con un debito così elevato che ti pesa sul collo…

Tim si è trovata quindi costretta a vendere la propria rete, che verrà acquistata da KKR, con il fondo americano che ha primeggiato nei confronti della cordata costituita da Macquarie e da Cassa Depositi e Prestiti (controllata dal Ministero dell’Economia).

Ancora non si conoscono le cifre precise, ma si parla di circa €20-23 miliardi, con il Governo pronto a mettercene fino a €2.2 per mantenere una quota di partecipazione.

Certo, perdere un asset strategico così importante…

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