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🚖 Servono più taxi in Italia?

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  • 🤑 I profitti delle banche stanno volando!

ATTUALITÀ
🚖 Servono più taxi in Italia?

A Roma, Milano e Napoli non ci sono abbastanza taxi. Questo è ciò che emerge dal recente report dell’Antitrust, che dipinge un mercato in difficoltà sia dal punto di vista del servizio che della concorrenza.

Ma ci sono davvero così pochi taxi?

Attualmente, in tre delle maggiori città d’Italia, la situazione delle licenze (Taxi e NCC) è questa:

E i numeri sono decisamente peggiori rispetto ad altre città europee: Madrid ad esempio conta 5 taxi per mille abitanti, Parigi 8 taxi per mille abitanti…

Insomma, di taxi ce ne sono decisamente pochi e l’attesa per i consumatori in certi casi diventa biblica. Per questo motivo, ad agosto l'Antitrust aveva avviato un’indagine per verificare il settore dei taxi e capire da dove arrivassero i disagi.

Un primo problema è chiaro: nonostante l’aumento del turismo, nelle principali città italiane il numero di licenze attive è rimasto identico rispetto a 15 anni fa.

E non basterebbe aumentare le licenze?

Si, ma la lobby dei tassisti è sempre stata contraria all’assegnazione di nuove licenze, dato che secondo loro un maggior numero di licenze:

  • 📈 Farebbe aumentare la concorrenza e diminuire i guadagni per singolo tassista

  • 💰️ Porterebbe ad una svalutazione del prezzo delle licenze, visto che sul mercato ce ne sarebbero di più

  • 🚖 La licenza è un investimento e la sua vendita è vista come la “pensione” per i tassisti

Ma cosa sta facendo il Governo per migliorare la situazione?

Il Governo ha recentemente provveduto (con il Decreto Asset), a rafforzare le misure per avere più licenze taxi, aumentando la platea dei Comuni destinatari e coprendo così tutte le aree che hanno bisogno di un servizio più efficiente ed adeguato.

La palla è quindi ora passata ai sindaci, che hanno la possibilità di realizzare da subito concorsi straordinari per le nuove licenze.

A muoversi per prima è stata la giunta di Milano, che con un nuovo bando assegnerà 450 nuove licenze entro la prima metà del 2024, con un aumento stimato del 20% dei taxi in circolazione.

Secondo l’Antitrust però, questo non basta

L’Antitrust ha reso noto che le misure adottate dal Governo non risolvono l'“inadeguatezza strutturale” e le criticità che da sempre caratterizzano il settore dei Taxi in Italia.

“Dall’analisi delle risposte fornite dai comuni alle richieste di informazioni inviate dall’Autorità è emersa una diffusa e strutturale inadeguatezza del numero delle licenze attive.”

Comunicato Antitrust

Attraverso una segnalazione è stato comunicato ai tre Comuni l’urgenza di adeguare velocemente il numero delle licenze alla domanda e migliorare la qualità del servizio.

E queste sono le misure suggerite:

  •  Regolamentazione delle doppie guide, cioè la possibilità per due guidatori di alternarsi su di un unico taxi (a Roma e Milano è già possibile, ma non a Napoli)

  • 🚐 Implementazione del Taxi Sharing (piccoli autobus gestiti da compagnie private)

  • 🕣 Efficientamento dei turni

Secondo molti, però, non esiste soluzione al problema dei taxi che non passi da una liberalizzazione del mercato. Liberalizzazione che passerebbe dal permettere a piattaforme ed altri player di entrare nel mercato in modo più strutturale, con l’idea di migliorare così il servizio al consumatore finale.

Ovviamente non sono di questa opinione i tassisti, che vedono nella liberalizzazione un rischio troppo grande alla loro professione, specificatamente per quanto riguarda il valore finale delle licenze.

Certo è che la situazione ad oggi non è assolutamente adatta a garantire il servizio ai cittadini, che spesso si ritrovano a dover aspettare decine e decine di minuti per un taxi che non arriva mai.

Per ora si parte con l’aumento di queste licenze, ma sarà sufficiente?

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FINANZA E MERCATI
🤑 I profitti delle banche italiane stanno volando - ma la tassa sugli extra-profitti dove è finita?

Un 2023 da incorniciare quello delle banche italiane. Nell’ultimo trimestre gli istituti di credito del Bel Paese hanno realizzato oltre €16 miliardi di profitti, in aumento del +80% rispetto al terzo trimestre del 2022.

Parliamo di un salto dai (già elevati) €9,2 miliardi di profitti netti del periodo luglio-settembre 2022 ai €16,5 miliardi nello stesso periodo di quest’anno, fotografia perfetta di un ritrovato vento in poppa per il settore del credito (Fonte: Kearney e IlSole24Ore).

E non solo utili in crescita per questo trimestre appena concluso, ma stime ritoccate al rialzo anche per la fine dell’anno (verso i €43 miliardi di utili), con Intesa Sanpaolo, Unicredit, BPER e MPS che hanno tutte rialzato i valori di utile netto di svariati miliardi.

Ma da dove arrivano questi aumenti dei profitti?

Possiamo distinguere alcune ragioni alla base del boom di profitti:

  • 📈 L’aumento dei tassi di interesse

Il livello che i tassi di interesse hanno raggiunto quest’anno, con valori ai massimi dal 2008, rappresenta il fattore principale dietro all’incremento dei profitti bancari.

Da una parte, infatti, le banche hanno beneficiato enormemente dai tassi più alti su finanziamenti e mutui, riuscendo a mitigare invece l’aumento dei sui depositi, che sono sì cresciuti, ma meno che proporzionalmente.

La cosiddetta “forbice dei tassi di interesse” è infatti cresciuta, con il net interest income - ovvero gli introiti dalla differenza tra i tassi di interesse pagati sui depositi e quelli ottenuti da mutui e finanziamenti - che ha toccato la cifra di €28,9 miliardi, in aumento del +57% rispetto al terzo trimestre del 2022.

  •  📊 Il contenimento dei costi

Gli istituti di credito si sono rivelati parecchio bravi a “tenere stretta la cinghia” in questo 2023, con spese sostanzialmente invariate rispetto al 2022, segno che la politica di contenimento dei costi sta dando i frutti sperati.

  • 📉 Il calo (almeno per ora) delle perdite sui prestiti

Se da una parte l’aumento dell’inflazione porterà con sé sicuramente un aumento dei mutui non ripagati (e quindi delle perditi sui finanziamenti), per ora queste perdite non si sono ancora verificate su larga scala.

Fino ad oggi, infatti, le banche non hanno risentito di un peggioramento del loro livello di rischio, fattore che spiega il calo delle perdite sui prestiti, che rispetto al 2022 segnano -47%.

Ma dove è finita l’imposta sugli extra-profitti del Governo?

Tutto molto bello, ma a qualcuno di voi potrebbe sorgere un dubbio: ma qualche mese il Governo non aveva parlato di imposta sugli extra-profitti delle banche? Con tutti sti profitti, lo Stato porterà a casa un po’ di soldi, no?

La domanda è lecita, ma la risposta potrebbe non piacerci…

Per chi si fosse perso un capitolo, un breve recap (ne avevamo anche parlato qui):

  • Ad inizio agosto 2023 il governo annuncia che vuole tassare gli extra-profitti delle banche italiane, ovvero quei maggiori guadagni ottenuti dall’aumento dei tassi su mutui e prestiti

  • Dopo l'annuncio, le banche italiane bruciano €10 miliardi di capitalizzazione in Borsa, il che obbliga il Governo a ritrattare

  • Inizialmente ci si attendeva di raccogliere 4-5 miliardi, poi dopo i cambiamenti si punta a 2 miliardi di euro da utilizzare per sovvenzionare l’aumento delle rate dei mutui

Ma quindi questi 2 miliardi di euro il Governo li ha portati a casa?

In realtà no… Dopo vari confronti e dopo la reazione dei mercati, infatti, il Governo è stato costretto a fare un ulteriore passo indietro, “concedendo” alle banche di non pagare l’imposta sugli extra-profitti a patto che decidessero di destinare a riserva patrimoniale un valore pari a 2,5 volte il valore della tassa, con l’idea di aumentare il loro patrimonio visto il rischio che con l’aumento dell’inflazione iniziassero a materializzarsi perdite sui finanziamenti.

E quindi le banche cosa hanno fatto? Semplice: hanno destinato questi soldi a riserva (cosa che probabilmente avrebbero fatto comunque), lasciando il governo con un pugno di mosche in mano (e senza i 2 miliardi).

Secondo molti il passo indietro sulla “scellerata” imposta sugli extra-profitti non è poi così male, visto che si trattava di una manovra che è tutto fuorché un qualcosa di ben visto dai mercati finanziari (e che secondo molti non era altro che un tentativo di contentino elettorale).

Certo è che la brutta figura il Governo l’ha fatta due volte: una prima volta per aver fatto bruciare miliardi sui mercati e aver dato un segnale che potrebbe spaventare gli investimenti esteri… e una seconda volta perché dopo tutto sto casino alla fine se ne torna a casa “senza niente in mano”.

GLI ANGOLI

🇮🇹 CDP aumenta l’offerta di bond retail a €2 miliardi (Ansa)

🤝🏻 India e Stati Uniti: intesa per contrastare la Cina? (IlSole24Ore)

😱 Apple: problema da €13 miliardi in UE (IlSole24Ore)

🤖 Samsung e l’Ai per competere con GPT (Wired)

👁️ Il primo trapianto di un intero occhio (Wired)

Google Play Store ora ci dice se le app sono sicure (Wired)

🤑 Witalier cerca un Business Analyst

✍️ PayPal cerca un Business Operations Analyst Intern

🆕 Bending Spoons cerca un Content Strategist

💰️ Mercer cerca un Junior Analyst

Il 12 novembre 2001, un volo della American Airlines in partenza dal JFK di New York si schianta poco dopo il decollo, causando la morte di 265 persone. Inizialmente, si ipotizzata un nuovo episodio di terrorismo (visto gli attacchi di due mesi prima), salvo poi attribuire le ragioni dello schianto ad una combinazione di errori del pilota e condizioni meteo avverse.

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