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📺️ Rupert Murdoch: l’uomo che ha trasformato gli scandali in miliardi

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!

Ecco cosa offre il menù di oggi:

  • 📺️ Rupert Murdoch: l’uomo che ha trasformato gli scandali in miliardi

  • 🚕 Perché in Italia non troviamo mai un taxi?

STORIE IMPRENDITORIALI

📺️ Rupert Murdoch: l’uomo che ha trasformato gli scandali in miliardi

Rupert Murdoch non è stato solo un editore: è stato l’uomo che ha trasformato il giornalismo in uno show da miliardi di dollari.

In oltre mezzo secolo ha costruito un impero capace di influenzare la politica e la cultura occidentale, creando un modello che ha reso l’informazione un campo di battaglia e l’opinione pubblica una fonte di profitto.

Dall’Australia all’impero britannico

Nel 1952, a soli 21 anni, Murdoch ereditò dal padre un piccolo giornale di Adelaide, in Australia, il News. Capì subito che il futuro dell’editoria non stava nella sobrietà, ma nel sensazionalismo.

Trasformò così il giornale in un laboratorio di gossip, scandali e cronaca nera, riuscendo in pochi anni a triplicarne le vendite.

Forte di questo successo, iniziò a conquistare uno dopo l’altro i principali quotidiani australiani e, alla fine degli anni Sessanta, decise di trasferirsi a Londra per tentare la scalata al mercato europeo.

  • 🗞️ Acquistò il News of the World e lo trasformò in un successo grazie a una linea editoriale apertamente scandalistica

  • ☀️ Poco dopo rilevò The Sun, allora in crisi, e lo rivoluzionò introducendo la celebre Page 3, con modelle in topless e titoli sensazionalistici

  • 💰 Risultato: 2 milioni di copie vendute e profitti record in quattro anni

Con il successo arrivò presto anche il potere politico. Appoggiando la campagna elettorale di Margaret Thatcher, Murdoch ottenne dal governo l’autorizzazione ad acquistare The Times, conquistando così l’accesso all’élite economica britannica e una posizione di influenza senza precedenti.

La conquista dell’America

Nel 1974 Murdoch si trasferisce a Manhattan con un obiettivo chiaro: conquistare il mercato più ricco del mondo: comprò il New York Post e lo trasformò in un tabloid dal tono aggressivo e popolare.

Però, capì ben presto che il vero futuro dei media non era sulla carta, ma sullo schermo.

  • 📺 Nel 1985 comprò Metromedia, una rete di canali televisivi locali

  • 🎬 Un anno dopo, la 20th Century Fox

  • 🔗 Unendo le due realtà diede vita alla Fox Broadcasting Company

Con una programmazione irriverente e anticonformista, da I Simpson a Beverly Hills 90210, ruppe l’oligopolio dei grandi network conquistando milioni di telespettatori.

… e dell’Europa

Poco dopo esportò il modello in Europa con Sky Television, la prima grande TV satellitare privata. Dopo un inizio disastroso, la svolta arrivò nel 1992, quando Murdoch si aggiudicò i diritti esclusivi della Premier League. 

Il calcio divenne la chiave per fidelizzare gli abbonati e Sky si trasformò in una miniera d’oro, rivoluzionando per sempre l’intrattenimento sportivo.

Fox News: l’informazione come fazione

Nel 1996 Murdoch fece la sua scommessa più audace: lanciò Fox News.
Affidò la direzione a Roger Ailes, ex stratega repubblicano, che impose una linea apertamente conservatrice. L’obiettivo non era la neutralità, ma dare voce a un’America bianca, rurale e anti-establishment.

Roger Ailes con Ronald e Nancy Reagan

Non era semplicemente informazione: era identità.

  • 🎙️ Volti come Bill O’Reilly e Sean Hannity diventarono simboli culturali
    📈 In pochi anni Fox superò CNN e diventò il canale via cavo più visto d’America
    🧠 Nel 2007 uno studio coniò il termine Fox News Effect: dove arrivava Fox, cresceva il voto repubblicano

Fox non si limitava a raccontare la politica, la plasmava, dettando l’agenda ai candidati conservatori.

Con Donald Trump l’alleanza è diventata totale. Il presidente guarda Fox la mattina, twitta ciò che vede, e Fox lo rilancia in TV.
Quando nel 2020 la rete assegnò l’Arizona a Biden, il pubblico esplose di rabbia.

Per non perdere ascolti, Fox amplificò le teorie del “furto elettorale” e finì per pagare $800 milioni di risarcimenti.

La successione e l’eredità

Superati gli ottant’anni, Murdoch si è trovato di fronte alla sua ultima grande sfida: la successione del suo impero mediatico.

Dopo anni di conflitti tra i vari figli, pochi mesi fa la scelta è ricaduta su Lachlan, il più vicino al padre e politicamente più conservatore.

Gli altri figli, James, Elisabeth e Prudence, perderanno il controllo dell’impero, ma ciascuno ha ricevuto una liquidazione superiore al miliardo di dollari.

Nel frattempo, Rupert ha deciso di vendere alcune delle sue attività, consapevole della trasformazione del panorama dei media, in cui le piattaforme digitali stanno erodendo il potere dei media tradizionali:

  • 🎥 21st Century Fox a Disney per $71 miliardi

  • 📡 Sky a Comcast per $30 miliardi

Gli restano Fox News, Fox Sports e News Corp. L’anima dell’impero.

Il modello che ha costruito, però, continua a dominare il mondo dei media

Murdoch non ha inventato la polarizzazione: l’ha monetizzata.
Ha capito che in un mondo frammentato la gente non vuole solo informarsi, ma appartenere.

  • 🪞 Fox ha trasformato la politica in uno specchio in cui ognuno vede riflessa la propria verità, non la realtà

  • 💵 E ha costruito su questo una macchina per monetizzare rabbia, identità e appartenenza

Che sia stato un genio dell’editoria o un architetto della divisione, poco cambia:
il mondo dei media oggi parla la lingua che lui ha inventato.

Se vuoi scoprire di più sulla storia di Murdoch e del suo impero guarda subito il nostro ultimo video su YouTube 👇️

ITALIA

🚕 Perché in Italia non troviamo mai un taxi?

Trovare un taxi in Italia, soprattutto nelle ore di punta o in occasione di eventi, è spesso un’impresa.

A Milano, in quasi quattro chiamate su dieci non si trova un’auto disponibile. A Roma la percentuale sale al 44%, a Napoli al 47%. Una carenza che non dipende solo dal numero di vetture in circolazione, ma da un sistema di licenze bloccato da decenni e da una resistenza strutturale alla liberalizzazione del settore.

Il numero di licenze è fermo agli anni ’80

Oggi le principali città italiane contano:

  • Milano: 38 taxi ogni 10 mila cittadini

  • Roma: 28 taxi ogni 10 mila cittadini

  • Napoli: 26 taxi ogni 10 mila cittadini

Se rapportato al rapporto delle altre grandi città europee il confronto è impietoso.

Il problema è che in Italia il numero di taxi è lo stesso da anni:

  • Genova non rilascia nuove licenze dal 1980

  • Napoli addirittura dal 1998

  • Livorno detiene il “record”: nessuna nuova licenza dal 1977

Le poche eccezioni: 36 taxi aggiunti a Bologna nel 2018 e 12 a Venezia nel 2022, 270 a Milano e addirittura 700 nuovi taxi a Roma (per il Giubileo 2025), ma ciò non cambia il quadro…

Ma perché il sistema delle licenze è bloccato?

Per capire perché il sistema è così rigido bisogna tornare al 1992, quando la legge num.21 regolamentò a livello nazionale la gestione dei taxi: i comuni potevano decidere di assegnare licenze tramite concorso (gratuitamente) o venderle, mentre i tassisti erano poi liberi di cederle o rivenderle.

Il risultato? Sono state emesse pochissime licenze, mossa che ne ha fatto lievitare il valore: oggi una singola licenza può valere tra €150 e €200 mila.
Chi ha speso quella cifra ha tutto l’interesse a tenere basso il numero di licenze, perché maggior concorrenza significa meno valore.

I governi hanno provato a sbloccare la situazione

🔹 Decreto Bersani (2006): permetteva ai comuni di vendere nuove licenze, con l'80% dei proventi derivanti dalle nuove licenze che sarebbe andato ai tassisti come compensazione. Risultato? Scioperi nazionali e città paralizzate.

🔹 Decreto Asset del Ministro Urso (2023): i 65 comuni più grandi hanno la possibilità di aumentare del 20% il numero di licenze taxi, ma gli eventuali incassi derivanti andranno interamente ai titolari delle “auto bianche”. La misura è stata pensata in vista del Giubileo 2025 e delle Olimpiadi 2026. Ad oggi, nessuna delle grandi città ha sfruttato il tetto massimo del 20% già previsto.

E le alternative ai taxi?

Accanto ai taxi operano gli NCC (Noleggio con Conducente) e, in alcune città, Uber. I tre sistemi convivono in modo difficile e competitivo.

  • ⌛️ Tariffe: i taxi usano il tassametro, gli NCC definiscono il prezzo in anticipo, Uber mostra la cifra già al momento della prenotazione

  • ⏹️ Sosta: i taxi possono fermarsi nelle aree pubbliche dedicate, gli NCC devono rientrare in rimessa dopo ogni corsa e attendere 20 minuti tra una corsa e l’altra, mentre Uber no

  • 📄 Licenze: le licenze NCC costano meno ma richiedono requisiti aggiuntivi (rimessa, prenotazione anticipata, ecc.), mentre Uber si appoggia a licenze NCC

  • 🚖 Prenotazione: i taxi possono essere presi al volo o via app, NCC solo su prenotazione, Uber solo tramite app

Queste differenze creano una concorrenza percepita come sleale dai tassisti, che vedono servizi come Uber (pur limitati in Italia alla versione “Black”, più costosa e simile agli NCC) come una minaccia diretta al loro monopolio urbano.

Il risultato?

Ogni tentativo di liberalizzazione si scontra con un muro di proteste, scioperi e negoziati infiniti. La questione taxi in Italia non è solo economica, ma anche politica e sociale: tocca la tutela di una categoria storica, l’interesse dei comuni e la qualità della mobilità urbana.

Il risultato è un sistema fermo, dove il valore delle licenze pesa più della domanda reale dei cittadini. E finché nessuno sarà disposto a mettere mano a quel valore, o a compensarne davvero la perdita, il rischio è che il cittadino continui ad aspettare un taxi… che non arriva.

Secondo te, quale soluzione sarebbe più efficace per risolvere il problema dei taxi?

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