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🔥 Quanto costerà all’economia italiana lo scontro tra Israele e Iran?

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!
Il menù di oggi offre:
🔥 Quanto costerà all’economia italiana lo scontro tra Israele e Iran?
🚗 Luca de Meo dice addio a Renault (e questo dovrebbe preoccuparci)
GEOPOLITICA
🔥 Quanto costerà all’economia italiana lo scontro tra Israele e Iran?

Poche ore sono bastate per dimostrare quanto le economie europee siano in balia delle tensioni geopolitiche.
L'attacco israeliano in Iran nella notte tra il 12 e il 13 giugno ha mandato subito in fibrillazione i mercati energetici, con gas e petrolio che sono schizzati verso l'alto.
E per le PMI italiane, che già fronteggiano margini ridotti e una domanda debole, questo significa una cosa sola: l'ennesimo shock sui costi di produzione...
Ma quindi, quanto ci costerà davvero questo nuovo shock energetico?
I mercati delle materie prime hanno reagito immediatamente all'attacco:
🔥 Gas naturale: +4% in un giorno, toccando quota €37,60 al megawattora alla Borsa di Amsterdam
⛽ Petrolio WTI: +8%, salendo fino a $73,48 al barile
🛢️ Brent: +7,37%, arrivando a $74,47 al barile

Il problema è che l'Italia è tra i paesi più esposti d'Europa a queste fiammate dei prezzi energetici, visto che importiamo:
🏭 Oltre il 90% del gas naturale che consumiamo
⛽ Il 95% del petrolio che utilizziamo
Il problema maggiore arriverà se le tensioni tra Israele e Iran dovessero prolungarsi
Secondo il Centro studi di Unimpresa, se le tensioni tra Israele e Iran dovessero prolungarsi, con un rincaro medio del 20% delle materie prime energetiche rispetto al 2024, ecco cosa succederebbe:
Sul fronte gas:
📈 Prezzo medio 2024: €35 per megawattora
🔺 Con il rincaro: €42 per megawattora
💰 Costo aggiuntivo annuo: €10,5 miliardi (di cui €6 miliardi sulle PMI)
Sul fronte petrolio:
📈 Prezzo Brent 2024: $65 al barile
🔺 Con il rincaro: $78 al barile
💸 Costo aggiuntivo annuo: €8,7 miliardi (di cui €4,5 miliardi sulle PMI)

Quali sono i settori italiani che rischiano di più?
Non tutti i comparti saranno colpiti allo stesso modo. Ecco chi rischia di più:
🚛 Trasporti e logistica: l'energia incide per oltre il 30% sui costi totali
🏭 Industria pesante e manifatturiera: incidenza del 25-35% sui costi
🌾 Agroalimentare: fortemente dipendente sia dal gas che dai carburanti
⚗️ Chimica e plastica: l'effetto moltiplicativo dei prezzi del petrolio rischia di essere devastante
Settori come ceramica, vetro e acciaio potrebbero vedere un aumento dei costi operativi fino al 20%, con il rischio di perdere competitività sui mercati internazionali.
Il settore dei trasporti è quello che preoccupa di più
E questo soprattutto per un'economia come la nostra, che punta sull'export.
L'aumento dei prezzi dell'energia si traduce in:
⛽ +10-15 centesimi al litro per diesel e benzina
🚚 Per una flotta media di 50 camion: aggravio annuo di €200-300.000
📦 Rincari del 5-10% nei costi di spedizione per logistica marittima e aerea
Insomma, o le aziende di trasporti ritoccheranno le tariffe o dovranno comprimere i margini... e indovinate un po' quale delle due opzioni sceglieranno?
Purtroppo i rincari di cui abbiamo parlato non si fermano alle imprese, ma rischiano di trasferirsi sui prezzi finali
Il risultato?
📈 Incremento dell'inflazione dello 0,3-0,5% nel medio periodo
💔 Ulteriore erosione del potere d'acquisto delle famiglie italiane
🛒 Riduzione dei consumi, che deprimerebbe ulteriormente la domanda
Circa il 40% della produzione elettrica nazionale dipende dal gas, quindi un incremento del 10-15% dei prezzi del gas potrebbe spingere il costo dell'elettricità da €120-150 per megawattora a €140-180.
Non tutto è perduto! Abbiamo delle “difese“ che potrebbero aiutarci
Negli ultimi anni l'Italia ha fatto alcuni passi avanti per proteggersi da questi shock:
Le nostre 'difese':
🌍 Diversificazione delle fonti: più gas liquefatto da Stati Uniti e Qatar
🔧 Rafforzamento gasdotti: come il Tap per nuovi flussi
📦 Riserve strategiche: riempite al 90% secondo i dati recenti
🏛️ Possibili interventi del governo: sgravi fiscali sulle bollette o tetti ai prezzi (come nel 2022)
Il problema è che questi interventi statali peserebbero sul bilancio pubblico, già gravato da un debito elevato...
Secondo te, quale sarà l'impatto maggiore di questa crisi energetica? |
AUTOMOTIVE
🚗 Luca de Meo dice addio a Renault (e questo dovrebbe preoccuparci)

Un addio che non ti aspetti: Luca De Meo, dopo 5 anni alla guida di Renault, ha annunciato le sue dimissioni dal gruppo automobilistico francese.
E, secondo Le Figaro, il manager italiano potrebbe essere destinato a diventare CEO di Kering, il colosso del lusso che controlla marchi come Gucci, Saint Laurent e Balenciaga.
L’annuncio è arrivato come un fulmine a ciel sereno
De Meo, che dal 2020 guidava il gruppo Renault, ha comunicato le sue dimissioni, che diventeranno effettive dal 15 luglio 2025.
Il consiglio di amministrazione gli ha espresso gratitudine per "il rilancio e la trasformazione del Gruppo", confermando che sotto la sua guida Renault ha vissuto una vera rinascita.

Quello che De Meo lascia è un'azienda completamente trasformata, con:
🎯 Un team forte e un'organizzazione agile
📋 Un piano strategico pronto per la prossima generazione di prodotti
📈 Il miglior margine operativo della storia di Renault
Un risultato che ha dell'incredibile, considerando le difficoltà del settore automotive negli ultimi anni.
Ma quindi, De Meo scapperà nel lusso?
Secondo Le Figaro, De Meo sarebbe destinato a diventare CEO di Kering, il gruppo del lusso che controlla marchi come Gucci, Saint Laurent, Balenciaga e Bottega Veneta.
La mossa avrebbe senso perché:
👨💼 François-Henri Pinault ha deciso di separare CEO e presidenza
🏢 Manterrebbe solo la presidenza del gruppo fondato dal padre
🆕 De Meo sarebbe il primo "esterno" alla famiglia Pinault come CEO
Un cambiamento significativo per un'azienda che ha sempre mantenuto un controllo familiare molto stretto.
E c’è un motivo se Pinault ha deciso di fare questo passo
Kering sta attraversando un momento decisamente complicato.
I numeri del 2024 parlano chiaro:
📉 Vendite in calo del 12% a €17,19 miliardi
💸 Utile netto in discesa del 62% a 1,13 miliardi
📊 Primo trimestre 2025 con ricavi in calo del 14%
Ma il vero problema è Gucci: il marchio ammiraglia del gruppo, ha registrato un crollo delle vendite del 25%. Un dato che ha contribuito pesantemente alla performance complessiva del gruppo.
Non a caso, il titolo Kering ha perso il 45% del suo valore nell'ultimo anno e è precipitato del 65% dall'inizio del 2025. Insomma, c'è decisamente bisogno di una svolta...

Ma De Meo non sarebbe il primo italiano da Kering
Se l'indiscrezione si dovesse confermare, De Meo non sarebbe il primo italiano ad avere un ruolo di primo piano in Kering:
🇮🇹 Francesca Bellettini: dal settembre 2023 è vicedirettrice generale di Kering, responsabile dello sviluppo delle maison
🇮🇹 Stefano Cantino: da gennaio 2025 è CEO di Gucci
Del resto, scegliere top manager con background diversi dall'alta gamma non è una novità nel lusso:
👜 Prada (2023): Andrea Guerra, ex Eataly e Luxottica, come amministratore delegato
💎 Chanel (2022): Leena Nair, manager con 30 anni di esperienza in Unilever
Insomma, forse l'esperienza di De Meo nel trasformare aziende in difficoltà è proprio quello che serve a Kering...
🗳️ Secondo te, De Meo riuscirà a rilanciare Kering come ha fatto con Renault? |

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