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🛥️ Quando l'Italia finì in vendita: la storia del Britannia

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!

Ecco cosa prevede il menù di oggi:

  • 🛥️ Quando l'Italia finì in vendita: la storia del Britannia

  • 🇩🇪 La Germania punta sugli incentivi fiscali per rilanciare l'economia

ITALIA

🛥️ Quando l'Italia finì in vendita: la storia del Britannia

Il 2 giugno 1992, mentre l’Italia celebrava la sua Festa della Repubblica, nelle acque di Civitavecchia era ancorato un elegante panfilo con lo scafo nero.

E non era una nave qualunque: era il Royal Yacht Britannia, appartenente alla Regina Elisabetta.

Ma quel giorno, a bordo non c’erano né reali né turisti. A salire sul panfilo furono i massimi esponenti della finanza mondiale e dell’élite economica italiana.

L’obiettivo? 
Uno solo: mettere in vendita l’Italia.

Per capire come si è arrivati a quell’incontro è giusto fare un passo indietro

L’Italia nel 1992 si trovava in una situazione davvero complicata…

L'anno si era aperto con Tangentopoli che aveva spazzato via l'intera classe politica, poi arrivò la Strage di Capaci che uccise Falcone.

Insomma il Bel Paese era sotto shock.

A questo si aggiunse una grave crisi economica:

  • 💸 Debito pubblico: oltre il 105% del PIL

  • La lira: sotto attacco

  • 🇪🇺 L'Europa: stava col fiato sul collo per i parametri di Maastricht

Nel frattempo, con la caduta del Muro di Berlino e la fine dell'URSS, le idee neoliberiste diventarono il nuovo mantra globale: meno Stato, più mercato.

E l’Italia, con le sue enormi aziende pubbliche e i conti fuori controllo, diventò il candidato perfetto per una “terapia d’urto” di privatizzazioni.

Quel 2 giugno del 1992 sul Britannia c’erano proprio tutti

A bordo del Britannia si ritrovarono i rappresentanti delle più grandi banche mondiali e tutto il gotha dell'economia italiana: Carlo Azeglio Ciampi (governatore di Bankitalia), Beniamino Andreatta, il vicepresidente dell'IRI e tutti i massimi dirigenti di ENI, ENEL, Telecom e Autostrade.

Carlo Azeglio Ciampi con Beniamino Andreatta

A fare gli onori di casa c'era un giovane Mario Draghi e fu proprio lui a spiegare che vendere le grandi aziende pubbliche non era solo un’esigenza economica, ma un messaggio politico per i mercati internazionali.

Il concetto era “Se vogliamo entrare nell’euro, dobbiamo privatizzare. Ora.“

Quel giorno si scrisse l’inizio della fine dello Stato imprenditore italiano.

Com’era l’Italia prima delle privatizzazioni?

Fino ad allora, lo Stato controllava quasi tutta l’economia:

  • 🔌 Energia (ENEL, ENI)

  • 📞 Telecomunicazioni (Telecom Italia)

  • 🛣️ Infrastrutture (Autostrade)

  • 🏦 Banche (Credito Italiano, Banca Commerciale, Banco di Roma)

  • 🏭 Industria pesante (Italsider, ILVA)

  • 🧁 Alimentare (Motta, Alemagna)

Il cuore di tutto questo era l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), nato nel 1933. Un colosso pubblico che aveva costruito l’Autostrada del Sole e guidato l’industrializzazione italiana.

Ma nel 1992, l’IRI era diventato un gigante fragile, con oltre 57mila miliardi di lire di debiti.

Dopo l’incontro sul Britannia, le vendite iniziarono una dopo l’altra

🏦 1993: Le tre banche più grandi (Credito Italiano, Banca Commerciale e Banco di Roma)
🍰 1994: Motta e Alemagna vendute a Nestlé
🏭 1995: Italsider passò alla famiglia Riva diventa ILVA
📞 1997: Telecom Italia
🛣️ 1999: Autostrade ai Benetton

Alla fine di tutte queste privatizzazioni, lo Stato incassò oltre €100 miliardi e nel 2000 l’IRI venne liquidato, dopo 67 anni di storia.

Gli obiettivi di quelle privatizzazioni erano chiari…

  • 💸 Ridurre il debito pubblico

  • ⚙️ Rendere più efficienti le aziende

  • 🦾 Creare grandi gruppi italiani competitivi

  • 📈 Sviluppare un azionariato diffuso

Ma com’è andata realmente?

  • 💸 Il debito pubblico, dopo un primo calo, ha ripreso a salire dal 2008

  • I servizi pubblici? In generale tariffe più alte, qualità spesso peggiorata

  • 🏭 I grandi colossi italiani? Molti sono diventati irrilevanti o sono scomparsi (Telecom, Alitalia, ILVA…)

Ma quindi le privatizzazioni sono state un fallimento?

Sì e no. Il problema non è stata l'idea di privatizzare, ma come lo abbiamo fatto. L'Italia aveva fretta per entrare nell'euro, ma ha commesso errori enormi:

 Svendita a prezzi stracciati
 Nessuna protezione per settori strategici
 Zero garanzie sui piani industriali futuri

La lezione di quel 2 giugno 1992 è che quando si decide il destino economico di un paese, serve una visione strategica chiara, non solo la fretta di fare cassa.

Se vuoi approfondire tutti i dettagli di questa storia e scoprire retroscena inediti sull’incontro del Britannia, non puoi perderti il nostro ultimo video YouTube 👇️ 

GERMANIA

🇩🇪 La Germania punta sugli incentivi fiscali per rilanciare l'economia

La Germania ha deciso di premere l'acceleratore per contrastare la recessione economica che sta attraversando.

Il Ministro delle Finanze tedesco Lars Klingbeil (SPD) ha presentato una proposta legislativa che punta tutto su agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti aziendali.

Cosa prevede il piano di Klingbeil?

Lars Klingbeil, Vicecancelliere federale della Germania e Ministro delle finanze nel governo Merz dal 6 maggio 2025

La strategia governativa della coalizione governativa si muove su due fronti:

  • 🎯 Garantire un impulso immediato agli investimenti produttivi

  • 📈 Assicurare stabilità nelle aspettative economiche a lungo termine

L'obiettivo finale? Incrementare la competitività del sistema economico tedesco.

Il cuore del piano sono gli ammortamenti

Se un'azienda tedesca compra macchinari o attrezzature tra il 2025 e il 2027, potrà "scaricare" dalle tasse fino al 30% del costo di acquisto.

Il Ministero delle Finanze punta così a incrementare la redditività degli investimenti aziendali e rafforzare la liquidità delle imprese.

L'applicazione di queste agevolazioni partirà dal 30 giugno, seguendo un modello già sperimentato durante il Covid.

E poi c’è un’attenzione particolare per la mobilità elettrica

Per i veicoli elettrici destinati all'uso aziendale (automobili, veicoli commerciali, autocarri e autobus), il governo tedesco ha predisposto un regime di ammortamenti ancora più vantaggioso:

  • 📉 75% del costo potrà essere dedotto nell'anno di acquisto

  • 📉 10% nel secondo anno

  • 📉 5% nel terzo e quarto anno

  • 📉 3% nel quinto anno

  • 📉 2% nel sesto anno

Dal 2028 arriverà una nuova fase

A partire dal 2028, con la fine degli incentivi per macchinari e veicoli, il governo introdurrà una nuova agevolazione per le imprese: ridurrà progressivamente l’aliquota dell’imposta sulle società dall'attuale 15% al 10% entro il 2032.

Un taglio significativo che dovrebbe rendere la Germania ancora più competitiva a livello internazionale.

Il piano prevede anche l'estensione degli incentivi fiscali destinati alle attività di ricerca e sviluppo, un settore strategico per l'economia tedesca.

Ma quanto costerà tutto questo?

Secondo le stime riportate dall'Handelsblatt, il volume complessivo delle agevolazioni fiscali seguirà una progressione crescente:

  • 💰 €2,5 miliardi nel 2025

  • 💰 €8,1 miliardi nel 2026

  • 💰 €11,3 miliardi nel 2029

La riduzione delle entrate erariali avrà un andamento temporale ancora più impattante: partirà da circa €630 milioni nel 2025 per raggiungere €4 miliardi nel 2026 e ben €17 miliardi nel 2029.

La diminuzione del gettito fiscale sarà ripartita tra le amministrazioni federali, regionali e locali secondo i meccanismi di distribuzione vigenti.

Insomma, la Germania ha deciso di investire pesantemente sul rilancio della sua economia, scommettendo che gli incentivi alle imprese possano generare una crescita tale da compensare, nel tempo, la riduzione delle entrate fiscali.

Secondo te, il piano fiscale tedesco:

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