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🎨 L’arte come investimento: da lusso a opportunità

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!
Il menù di oggi è offerto da Matis:
🎨 L’arte come investimento: da lusso a opportunità
🚗 Bosch taglia 13mila posti: la crisi dell'auto colpisce ancora
🎨 L’arte come investimento: da lusso a opportunità

L’arte non è più solo un lusso per una cerchia ristretta, ma si sta trasformando in una concreta opportunità di investimento, accessibile a un pubblico sempre più vasto. In un mercato che continua a evolversi, l'arte offre nuove possibilità a chi cerca di diversificare il proprio portafoglio finanziario.
Ma cosa sta alimentando questa rivoluzione nel mercato dell’arte? E , soprattutto, come possiamo accedere a un settore che, fino a poco tempo fa, sembrava completamente fuori portata per gli investitori privati?
Quanto vale il mercato dell’arte oggi?
Secondo il report Art Basel & UBS, nel 2024, il valore complessivo delle vendite ammontava a $57,5 miliardi, in calo del 12% rispetto al 2023. Eppure, nello stesso periodo, il numero di transazioni è cresciuto del +3%.
Un’apparente contraddizione, che si chiarisce guardando più da vicino la distribuzione delle vendite.

Come si spiega questo paradosso?
Il mercato dell’arte si muove lungo due binari distinti: il volume delle transazioni e il valore generato.
◀️ Da un lato, il segmento più accessibile economicamente, che comprende opere con valore inferiore ai $50.000, rappresenta il cuore pulsante in termini di numero di scambi: circa il 94% delle aste. Tuttavia, questo segmento contribuisce solo al 15% del valore complessivo
▶️ Dall’altro lato, il segmento delle opere blue chip, con valori superiori al milione di dollari, pur essendo appena l’1% delle transazioni, concentra circa il 50% del valore totale generato dalle aste.
Poche opere, ma dal peso economico enorme: un vero motore di valore e di resilienza, capace di resistere anche alle incertezze globali.
In mezzo, la fascia intermedia ($50.000–$1 milione) rappresenta circa il 5% del volume e il 35% del valore, mostrando come la curva del mercato sia fortemente sbilanciata verso l’alto in termini di generazione di valore.
Questa dinamica evidenzia un punto chiave: se da un lato l’arte più accessibile anima i volumi e democratizza l’accesso, dall’altro è nel segmento delle opere blue chip che si concentra la vera creazione di valore.

Da molto tempo, l’arte è un investimento riservato a pochi
Storicamente, investire in arte significa affrontare barriere significative:
📈 Prezzi elevati: servono milioni per accedere ad opere rilevanti
💸 Liquidità ridotta: rivendere può rivelarsi complesso e lento
🔍️ Opacità dei prezzi: le informazioni sui valori delle opere sono spesso poco trasparenti, in particolare nel mercato delle vendite private
⏺️ Accesso ristretto: le opere migliori circolano solo tra network esclusivi
Oggi però lo scenario sta cambiando
L'arte sta emergendo come una forma di investimento alternativo, da integrare in un portafoglio di investimenti, a complemento di altri prodotti finanziari quali azioni, obbligazioni o immobili.
Vediamo perché:
🎯 Diversificazione: l'arte ha una bassa correlazione con gli altri mercati finanziari. Ad esempio, l'indice Artprice 100 ha mostrato performance migliori (non garantite) dell'S&P 500 nel lungo periodo.
💰 Protezione dall’inflazione: l'arte, essendo un bene tangibile, tende a conservare il suo valore anche in tempi di inflazione
🌍 Riconoscimento globale: dipinti e sculture sono asset concreti, riconosciuti e commerciabili in tutto il mondo, rendendoli particolarmente attraenti per gli investitori internazionali
🛡️ Valore rifugio: in un contesto attuale caratterizzato dall'incertezza dei mercati finanziari, l'arte appare come un bene rifugio meno sensibile alle fluttuazioni economiche e geopolitiche
Oggi più del 60% dei wealth manager include già l’arte nei servizi di gestione patrimoniale (fonte: Deloitte Art & Finance Report), segno che viene vista sempre di più come una forma di diversificazione interessante nel proprio portafogli d’investimenti.
Inoltre, cresce anche il numero di acquirenti con meno di 40 anni, a dimostrazione di un cambio generazionale nel modo di considerare l’arte, non più soltanto passione ma anche un vero e proprio investimento.
Insomma, l’arte sta diventando sempre più un investimento
E quando si parla di investimenti c’è un segmento che meglio di tutti offre stabilità e potenziale di crescita (non garantita)…
Si tratta del segmento blue-chip dell'arte, che comprende opere di artisti storici come Picasso, Warhol e Monet.
Le opere d’arte dal valore superiore al milione di dollari hanno dimostrato una straordinaria resilienza, con un valore che tende a crescere anche in tempi di incertezze economiche globali.
E non è un caso, visto che investire in arte blue-chip significa:
🎯 Acquisire asset tangibili con potenziale di apprezzamento a lungo termine
🏛️ Domanda costante da parte di collezionisti, investitori istituzionali e musei
💎 Rarità e prestigio: si possiede un pezzo di storia con grande valore culturale ed estetico
Il problema, però, è sempre stato che investire in opere di questo calibro richiedeva capitali ingenti, alla portata solo dei grandi collezionisti o dei professionisti del mercato dell’arte.
È proprio qui che entra in gioco Matis, la società che rende l’arte un'opportunità accessibile per tutti. Ecco come funziona:
🎨 Club deals: Matis permette di partecipare collettivamente all’acquisto di opere di artisti affermati del XX secolo, come Warhol o Kusama, senza dover disporre di capitali milionari
📲 Spazio online dedicato: l’intero processo (dalla scoperta delle opportunità al monitoraggio dell’investimento) avviene online, in modo semplice e centralizzato
✅ Regolamentazione: Matis è autorizzata dall’AMF (l’autorità francese dei mercati finanziari) e abilitata ad operare in Italia, in un quadro normativo chiaro e regolamentato
💶 Accesso più ampio: con un investimento minimo di €20.000, si entra in un mercato che storicamente richiedeva cifre molto più alte
E i risultati si vedono: tra le operazioni concluse c’è, ad esempio, la rivendita di un’opera di Lucio Fontana, che ha registrato un rendimento netto del 14,57%* in poco più di 16 mesi.
Avvertenza: i rendimenti passati non sono indicativi dei rendimenti futuri. Gli investimenti in asset non quotati possono comportare il rischio di perdita parziale o totale del capitale investito. Prima dell’adesione leggere la scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento.
L’obiettivo di Matis è ampliare l’accesso a questo segmento, offrendo a un pubblico di investitori più ampio la possibilità di avvicinarsi a strumenti alternativi, con la solidità e la trasparenza di un contesto regolamentato.
*Dati aggiornati al 2 settembre 2025. Rendimento netto per l’investitore: importo versato all’investitore, al netto di tutte le spese, corrispondente alla differenza tra il prezzo di vendita dell’opera e il suo prezzo di acquisto, al quale sono detratte le spese relative alla commissione della galleria d’arte, le tasse e le spese di Matis.
GERMANIA
🚗 Bosch taglia 13mila posti: la crisi dell'auto colpisce ancora

Il colosso tedesco Bosch, leader mondiale nella componentistica per auto, ha annunciato un nuovo e pesantissimo piano di ridimensionamento: 13.000 posti di lavoro in meno entro il 2030, il taglio più grande nella storia del gruppo.
Solo un anno fa, nel 2024, l’azienda aveva già ridotto la forza lavoro di 11.500 unità (circa il 3% del totale). Ma evidentemente non bastava.
Ma perché tutti questi tagli?
Stefan Grosch, responsabile delle risorse umane di Bosch, ha dichiarato che questi tagli sono "purtroppo inevitabili" per migliorare la competitività dell'azienda.
Le ragioni principali dietro questa decisione sono:
📉 La debole domanda del mercato automobilistico europeo che continua ad arrancare
⚡ Il rallentamento della crescita dell'elettrico
🚗 I ritardi nello sviluppo della guida autonoma, altro settore su cui Bosch aveva investito molto
Ma cosa sta succedendo esattamente al colosso tedesco?
Il 2024 ha messo in evidenza tutta la fragilità del gruppo:
📉 Fatturato 2024: €90,5 miliardi
💸 Utile netto: crollato di un terzo a 3,2 miliardi
📊 Profitti operativi: solo il 3,8% del fatturato
L'azienda, con questi tagli al personale, punta a ridurre i costi di €2,5 miliardi all'anno entro il 2030 e ad aumentare il margine di profitto al 7%.
Chi sarà colpito maggiormente da questi tagli?
La ristrutturazione riguarderà soprattutto la divisione Mobility in Germania. Gli stabilimenti più a rischio sono:
📍 Feuerbach, Schwieberdingen e Waiblingen (area metropolitana di Stoccarda)
📍 Bühl (Baden)
📍 Homburg (Saarland)
La tempistica prevede una riduzione graduale del personale da qui al 2030, ma l'impatto sui lavoratori e sulle comunità locali sarà devastante.
Il problema non è solo Bosch (purtroppo)
Il caso Bosch è solo il riflesso di una crisi più ampia che colpisce l’intera industria automobilistica europea:
🚘️ Volkswagen sta attraversando una vera e propria crisi d'identità con un calo dell’utile operativo di oltre il 35% e tagli al personale per oltre 25 mila unità
🚗 BMW e Mercedes stanno investendo massicciamente nell'elettrico, ma con margini sempre più ridotti
Insomma, il mercato auto europeo è in contrazione costante.
E la colpa è anche della concorrenza cinese
Come in quasi tutti i settori industriali, anche qui la Cina sta giocando un ruolo da protagonista.
I produttori cinesi stanno:
🏭 Erodendo quote di mercato ai colossi tedeschi
⚡ Dominando il segmento dell'auto elettrica
💰 Offrendo componentistica a prezzi imbattibili

Il risultato? I margini di profitto delle aziende europee si assottigliano sempre di più, mentre la competizione si fa sempre più agguerrita.
Insomma…
Bosch conta oggi 430.000 dipendenti nel mondo: un taglio così massiccio è il segnale che l’intero comparto automobilistico europeo sta vivendo una trasformazione strutturale senza precedenti.
La Germania sta già correndo ai ripari cercando di diversificare la sua industria (anche attraverso il riarmo), ma la domanda resta: sarà sufficiente per salvare quello che per decenni è stato il fiore all'occhiello dell'industria europea?
Secondo te, l'industria auto europea riuscirà a riprendersi? |

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