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💸 Il giorno in cui lo Stato mise le mani nei conti correnti degli italiani

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!
Il menù di oggi prevede:
💸 Il giorno in cui lo Stato mise le mani nei conti correnti degli italiani
🇫🇷 La Francia accusa l'Italia di "dumping fiscale"
STORIA ECONOMICA
💸 Il giorno in cui lo Stato mise le mani nei conti correnti degli italiani

Nella notte tra il 10 e l’11 luglio 1992, l’Italia toccò uno dei momenti più drammatici della sua storia economica. Il governo guidato da Giuliano Amato decise di imporre un prelievo forzoso del 6 per mille sui conti correnti, una misura senza precedenti che rimase impressa nella memoria collettiva come simbolo del fallimento di un’intera stagione politica.
Ma cosa successe esattamente quella notte a Palazzo Chigi?
A Palazzo Chigi, Amato e il ministro delle Finanze Giovanni Goria si trovavano di fronte a una realtà agghiacciante: le casse dello Stato erano vuote.
Servivano tra i 6 e gli 8mila miliardi di lire entro pochi giorni per pagare stipendi e pensioni, altrimenti lo Stato italiano avrebbe dichiarato il default.
Dopo circa 20 minuti di discussione riservata, giunsero alla decisione: attingere direttamente ai risparmi dei cittadini. La misura era talmente delicata che neppure gli altri ministri né il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, ne furono informati fino all’ultimo momento.
Ma come erano arrivati sull’orlo del baratro?
Le radici della crisi affondavano nei due decenni precedenti.
Negli anni ’70, dopo lo shock petrolifero del 1973, i governi scelsero di non ridurre la spesa, ma di aumentarla. Si continuò a stampare moneta tramite la Banca d’Italia, si concessero baby pensioni, si nazionalizzarono aziende in crisi e si moltiplicarono privilegi e spese clientelari.
Il sistema reggeva fintanto che la Banca d’Italia comprava i titoli di Stato invenduti. Questo teneva a bada il debito ma alimentava un'inflazione che negli anni '70 superò stabilmente il 20%.
Il 1981 segnò una svolta: il cosiddetto “divorzio” tra Tesoro e Banca d’Italia tolse l’obbligo alla banca centrale di acquistare titoli invenduti. Da quel momento, lo Stato dovette convincere i mercati a comprare il proprio debito.
Il risultato? Il debito pubblico esplose dal 63% del PIL nel 1982 al 105% nel 1992, con tassi d'interesse oltre il 12-13%.

E il ‘92 fu l’anno della tempesta perfetta
Il 1992 fu un anno segnato da eventi drammatici e destabilizzanti:
🔴 17 febbraio: inizia Tangentopoli con l’arresto di Mario Chiesa
🔴 23 maggio: la strage di Capaci uccide Giovanni Falcone
🔴 19 luglio: l’assassinio di Paolo Borsellino
🔴 Febbraio: firma del Trattato di Maastricht, con parametri durissimi per l’Italia
🔴 Aprile: elezioni che sanciscono il crollo dei partiti tradizionali
La Borsa di Milano crollò, lo spread con i Bund tedeschi superò quota 400 e i capitali fuggirono all’estero. Fu in questo contesto che Giuliano Amato, alla guida di un governo tecnico, dovette affrontare la crisi più grave della Repubblica.
Di fronte al rischio imminente di non poter pagare stipendi e pensioni, Amato prese la decisione più impopolare della storia repubblicana
Per evitare il collasso, Amato e Goria vararono una manovra da 30 mila miliardi di lire che comprendeva:
🤑 Prelievo forzoso del 6 per mille su conti correnti e depositi
🏘️ Introduzione dell’ICI sugli immobili
👴 Aumento dell’età pensionabile
🎫 Nuovi ticket sanitari
📈 Aumenti di bolli e imposte amministrative
✂️ Tagli alla spesa e privatizzazioni
Da solo il prelievo, retroattivo al 9 luglio, fruttò circa 5.700 miliardi di lire. In pratica, funzionava così: per un conto da 10 milioni di lire (circa €10.000 attuali) significava una trattenuta di 60.000 lire (circa €60). Una cifra modesta per il singolo, ma dal significato enorme: per la prima volta lo Stato aveva preso soldi direttamente dai risparmi privati.
La misura fu annunciata solo a mercati chiusi, quando i soldi erano già stati prelevati.
E da quel momento, l’Italia non fu più la stessa
All’inizio, l’opinione pubblica non reagì con particolare indignazione. Ma quella notte segnò una svolta: l’era della spesa facile era finita.
Quel prelievo forzoso effettuato dal governo Amato, salvò l’Italia dal default e aprì la strada a un percorso di risanamento che durò fino al 2008. Ma il prezzo da pagare fu alto:
🛑 Finì l’Italia dello Stato onnipresente e delle aziende pubbliche
👵 Tramontò l’epoca delle pensioni facili e della spesa incontrollata
🔻 Crollò definitivamente la Prima Repubblica
A oltre trent’anni di distanza, quella notte tra il 10 e l’11 luglio 1992 resta una ferita aperta. Fu il momento in cui lo Stato, per salvarsi, mise le mani nei risparmi dei cittadini, segnando il punto di non ritorno.
Se vuoi approfondire questa storia e i retroscena di quelle ore decisive, non puoi perderti il nostro ultimo video sul canale YouTube 👇️
AUTOMOTIVE
🇫🇷 La Francia accusa l'Italia di "dumping fiscale"

Il primo ministro francese François Bayrou ha tirato una bella bordata all'Italia domenica sera, accusandoci di fare "dumping fiscale" per rubare contribuenti ricchi alla Francia.
Il governo italiano ha risposto immediatamente con una nota al vetriolo, segnando l'ennesimo momento di tensione con i cugini d'oltralpe.
Ma andiamo con ordine.
Cosa ha detto esattamente Bayrou?
Durante un'intervista televisiva, il primo ministro francese stava parlando dei problemi economici della Francia (che non se la sta passando benissimo) quando gli è stato chiesto se fosse il caso di alzare le tasse ai ricchi per sistemare i conti pubblici.

La sua risposta? "Non possiamo farlo perché i ricchi scapperebbero all'estero". E secondo lui, l'Italia sarebbe la meta preferita grazie al suo presunto dumping fiscale.
In pratica, ci sta accusando di "rubare" i ricchi francesi con tasse più basse, creando quello che lui chiama un "nomadismo fiscale" dove i più abbienti scelgono dove vivere in base a dove pagano meno tasse.
Ma l’Italia fa davvero dumping fiscale?
Qui la questione si fa interessante.
È vero che l'Italia non applica politiche smaccatamente di dumping fiscale come fanno altri paesi europei, ma è anche vero che negli ultimi anni sono state introdotte o rinnovate diverse agevolazioni mirate.
Quali? Eccone alcune:
📉 Incentivi al rientro: imprese che riportano l’attività in Italia godono di forti riduzioni sulle imposte per 5 anni
🎓 Agevolazioni per lavoratori qualificati: sgravi fiscali per chi trasferisce la residenza fiscale in Italia (fino a un reddito agevolabile di 600mila euro)
💰 Flat tax da €200mila per i super ricchi: applicata ai neo-domiciliati stranieri sui redditi globali, valida fino a 15 anni
Il paradosso? Questo regime di “flat-tax“ per i super ricchi è stato introdotto nel 2017 dal governo Renzi copiando proprio un modello francese. E il governo Meloni ha addirittura raddoppiato l'onere fiscale forfettario rispetto al 2016.
E, infatti, la reazione del governo Meloni non si è fatta attendere
In una nota ufficiale piuttosto piccata, Palazzo Chigi ha definito "totalmente infondate" le affermazioni del primo ministro francese.
Ma non si sono limitati a smentire. Hanno anche contrattaccato:
🇮🇹 L'Italia non applica politiche di favore fiscale immotivato per attrarre aziende europee
💰 Con questo governo, è stato addirittura raddoppiato l'onere fiscale forfettario (in vigore dal 2016) per le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia
🎯 Semmai, l'Italia è penalizzata dai "veri" paradisi fiscali europei che sottraggono ingenti risorse alle casse pubbliche italiane
Insomma, non solo respingiamo le accuse, ma rilanciamo dicendo che semmai siamo noi le vittime del dumping fiscale di altri.
Ma in Europa chi sono i veri “paradisi fiscali“?
Quando si parla di dumping fiscale nell’UE, i protagonisti non sono certo Italia o Francia. I nomi ricorrenti sono altri:
🍀 Irlanda - con la sua corporate tax al 12,5% che attira tutti i giganti tech
🏦 Lussemburgo - il paradiso delle holding finanziarie
🌷 Paesi Bassi - con le loro "sandwich" structures per evitare le tasse
🏖️ Malta e Cipro - regimi fiscali ultra-agevolati per attirare investitori
🇭🇺 Ungheria - che recentemente ha abbassato drasticamente le tasse corporate
Rispetto a questi paesi, l'Italia (che insieme alla Francia ha uno dei regimi fiscali più alti d'Europa) sembra quasi un dilettante nel gioco del dumping fiscale.
Il tempismo di Bayrou, però, non è casuale…
Il suo governo di minoranza rischia di cadere tra una settimana proprio a causa dei disastri economici francesi. Il deficit continua ad aumentare e il progetto di bilancio per il 2026 è talmente austero che nessuno lo vuole votare.
L'8 settembre è previsto un voto di fiducia che potrebbe far cadere tutto.
In questo contesto, accusare l'Italia di dumping fiscale serve a:
🛡️ Giustificare perché non si possono alzare le tasse ai ricchi ("tanto scapperebbero")
🎭 Spostare l'attenzione dai problemi interni
👀 Dare la colpa ad altri per le difficoltà economiche francesi
Insomma, la vecchia tattica del "è colpa degli altri" quando le cose vanno male in casa propria.
E mentre Francia e Italia si beccano sul dumping fiscale, i veri paradisi fiscali europei continuano tranquillamente a fare i loro affari...
Chi fa più dumping fiscale secondo te? |

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