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🤖 L'AI sta lentamente diventando un nuovo collega?

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!
Il menù di oggi è offerto da Deloitte:
🤖 L'AI sta lentamente diventando un nuovo collega?
💳 Revolut conquista l'Italia
IN COLLABORAZIONE CON: Deloitte
🤖 L'AI sarà il tuo nuovo collega?

Negli uffici di mezzo mondo, accanto a noi si sta iniziando a sedere un nuovo “collega”: l’intelligenza artificiale.
Ormai, non parliamo più infatti di un semplice strumento, ma di una “presenza” che entra nelle nostre giornate di lavoro e cambia il modo in cui produciamo, collaboriamo e talvolta pensiamo.
Secondo una recente indagine, 6 lavoratori su 10 percepiscono già l’AI come un vero compagno di scrivania.
Un dato che ci dice molto: la tecnologia non è più qualcosa che affianca silenziosamente i processi, ma parte integrante dell’esperienza professionale.

Le aziende amano raccontarla come una rivoluzione positiva, con parole d’ordine come “produttività aumentata” o “innovazione esponenziale”.
Ma è davvero così?
Beh, la realtà, pur con le sue complessità, mostra che in molti casi i benefici sono concreti:
🔼 Da un lato, la promessa è allettante: meno compiti ripetitivi, più tempo per attività strategiche, nuove competenze e persino la sensazione di avere dei “superpoteri”
🔽 Dall’altro, però, la presenza dell’AI sta rimodellando i nostri lavori in modi imprevisti. Non si tratta soltanto di rimpiazzare alcune attività, ma di entrare in una vera e propria “era della convergenza”, in cui i confini tra umano e macchina diventano sempre più sottili

Prendiamo il caso di "Digital Doug", un dipendente di un'azienda automobilistica che prima di andare in pensione si è fatto monitorare da un algoritmo. Risultato? Ora esiste una versione digitale di Doug che rende disponibile per sempre la sua conoscenza specialistica.
Fantascienza? No, è già realtà.
Come affrontare allora questa transizione?
Le organizzazioni più lungimiranti hanno capito che integrare l’intelligenza artificiale non significa solo installare nuovi software, ma serve riscrivere il “patto” tra azienda e lavoratori.
È qui che entra in gioco la Employee Value Proposition (EVP), quel contratto implicito fatto di aspettative reciproche, cultura e senso di appartenenza.
Costruire un nuovo EVP richiede tempo, ma ci sono almeno quattro mosse da cui partire:
📑 Studiare l’impatto reale dell’AI: non solo numeri di produttività, ma anche sentiment, motivazione, senso di appartenenza
🗣️ Comunicare apertamente: spiegare come verrà usata l’AI, con quali limiti e con quali vantaggi per i lavoratori
🤝 Unire HR e Tech: solo la collaborazione tra chi guida persone e chi guida innovazione può creare valore sostenibile
👉️ Incoraggiare la sperimentazione: dare ai dipendenti gli strumenti per giocare con l'AI e scoprire nuovi modi di lavorare
E i numeri parlano chiaro
Le aziende che condividono i benefici dell'AI con i dipendenti hanno 6 volte più probabilità di ottenere vantaggi finanziari significativi.
Eppure, il 77% delle organizzazioni non sta facendo nulla di concreto in questo senso.
Cosa ci aspetta in futuro?
Il futuro del lavoro dipenderà proprio da questo: trovare un equilibrio tra tecnologia e persone. Non si tratta di scegliere se dare più spazio all’AI o agli esseri umani, ma di capire come farli convivere in modo sano e produttivo.
Le aziende che riusciranno a bilanciare questi due lati della medaglia saranno quelle che non solo miglioreranno i loro numeri, ma costruiranno anche ambienti di lavoro in cui le persone vorranno restare e crescere.
Perché, alla fine, l’AI non è né un collega ideale né un concorrente sleale: è uno strumento potentissimo. La differenza la farà il modo in cui sceglieremo di usarlo, e soprattutto quanto saremo capaci di mantenere l’essere umano al centro di questa trasformazione.
E tu, come vedi il tuo futuro con l'AI? |
FINTECH
💳 Revolut conquista l'Italia

Revolut ha raggiunto i 4 milioni di clienti italiani. Per capire la portata del dato, basti pensare che colossi come Banco BPM e BPER Banca hanno più o meno la stessa base clienti.
Il ritmo di crescita è impressionante:
👥 4 italiani al minuto aprono un conto Revolut
🇮🇹 Quasi 1 italiano su 10 oggi è cliente della banca digitale
🎯 Obiettivo dichiarato: entrare nella top 3 delle banche italiane entro il 2026
💰 Valutazione: circa $75 miliardi (64 miliardi di euro)
Tutto questo senza aprire una sola filiale fisica.
Ma come ha fatto Revolut a crescere così velocemente?
Revolut nasce a Londra nel 2015 da un’idea di Nikolay Storonsky (ex trader Credit Suisse) e Vlad Yatsenko (sviluppatore nel settore finanziario).

L’obiettivo iniziale era semplice ma rivoluzionario: pagamenti e trasferimenti all’estero senza le commissioni esagerate delle banche tradizionali.
I punti di forza:
🌍 Spese ridotte per pagamenti internazionali
💱 Cambio valuta a tassi competitivi
📱 Servizio 100% digitale, gestito da app
Il nome stesso, Revolut, richiama il concetto di rivoluzione. E in effetti, nel 2015, quando ancora non c'era la sensibilità di oggi per i pagamenti digitali, era davvero rivoluzionario.
Revolut ha puntato tutto sul digitale fin dall’inizio
In dieci anni non ha aperto neanche una filiale fisica.
Come funziona? Tutto passa dall'app:
💳️ Una carta digitale che si carica direttamente sullo smartphone
💱 Conversione istantanea di valute
💸 Trasferimenti veloci in tutto il mondo
📱 Gestione completa del conto dal telefono
Inizialmente la clientela era soprattutto composta da giovani viaggiatori, ma presto l’ambizione è diventata più ampia: diventare una banca a tutti gli effetti.
Il problema? per offrire servizi bancari servivano le licenze
Ed è qui che Revolut ha fatto la mossa più furba della sua storia.
Nel 2018 è riuscita ad ottenere la licenza bancaria dalla Lituania, un paese che negli ultimi anni è diventato molto attrattivo per l'industria fintech grazie a:
📋 Burocrazia più snella
✅ Autorizzazioni più agevoli
🇪🇺 Accesso a tutto il mercato europeo (la Lituania è nell'UE)
Con la licenza lituana, Revolut ha potuto operare in tutta Europa, fornendo prestiti e servizi di investimento.

L'unico limite? I conti avevano IBAN lituano, che poteva creare qualche problema per accreditare stipendi o domiciliare bollette in Italia.
La svolta definitiva è arrivata nel 2024, quando Revolut ha ottenuto anche la licenza bancaria italiana. Da allora i clienti hanno a disposizione un IBAN italiano e la crescita è esplosa.
Non è sempre andato tutto liscio
Certo, il percorso non è stato privo di ostacoli:
🚨 Nel 2023: sottratti circa €20 milioni sfruttando una falla nel sistema di rimborsi (soldi della società, non dei clienti)
🔍 In Italia: attualmente sotto indagine dell'Antitrust per pratiche commerciali scorrette
📢 Lamentele varie: clienti finiti in truffe online
E ora?
Per istituzionalizzarsi sempre di più, ha nominato come dirigenti alcuni ex banchieri molto noti nella finanza londinese. E in Italia? Ha puntato su:
📺 Campagne pubblicitarie con Gerry Scotti e Mara Maionchi
⚽ Sponsorizzazione del Como Calcio (in Serie A dal 2024)
Il prossimo passo sarà probabilmente la quotazione in borsa, un destino quasi inevitabile per un'azienda che punta a fare la banca in tutto e per tutto.
Insomma…
In meno di dieci anni, Revolut è passata da essere una semplice startup londinese a competitor diretto delle grandi banche italiane, conquistando milioni di clienti senza aprire sportelli fisici.
La domanda ora è: le banche tradizionali dovrebbero preoccuparsi?
Secondo te, tra 5 anni Revolut: |

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