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💵 Il dollaro perde colpi (ma è ancora il re)

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  • 💵 Il dollaro perde colpi (ma è ancora il re)

  • 🤖 Meta flirta con Google: il monopolio di Nvidia sui chip AI inizia a scricchiolare

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SISTEMA MONETARIO

💵 Il dollaro perde colpi (ma è ancora il re)

Negli ultimi tempi si parla sempre più spesso di "de-dollarizzazione", cioè della riduzione del ruolo del dollaro nel commercio mondiale e nelle transazioni finanziarie internazionali.

Ma è davvero in atto un cambio di paradigma oppure il biglietto verde mantiene ancora saldamente il suo trono?

Ma prima: cosa significa davvero “de-dollarizzazione“?

In parole semplici, la de-dollarizzazione è quel processo attraverso cui paesi, istituzioni e aziende riducono progressivamente l'uso del dollaro americano nelle loro transazioni internazionali.

Non si tratta solo di usare meno dollari per comprare e vendere, ma anche di:

  • 💰 Ridurre le riserve in dollari delle banche centrali

  • 📊 Emettere meno debito denominato in dollari

  • 🛢️ Prezzare le materie prime in altre valute

Insomma, un cambiamento strutturale che potrebbe ridisegnare gli equilibri economici globali.

Perché il mondo sta rivalutando il dollaro?

Ci sono due fattori principali che stanno spingendo questo cambiamento:

  • 🇺🇸 Fattori interni agli USA: la crescente polarizzazione politica americana e le politiche tariffarie aggressive stanno minando la percezione di stabilità del dollaro

  • 🌏 Fattori esterni: lo sviluppo economico di altre potenze (in primis la Cina) sta creando alternative credibili al biglietto verde

E poi il peso degli USA nell'economia globale non è più quello di una volta: la quota americana sulle esportazioni mondiali è in calo da 30 anni, mentre quella cinese è cresciuta enormemente.

Dove il biglietto verde mantiene il suo dominio?

Nonostante tutto, il dollaro rimane saldamente il re in diversi ambiti:

  • 💱 Nel forex (mercato valutario): l'88% delle transazioni valutarie coinvolge il dollaro (contro solo il 7% dello yuan cinese)

  • 📈 Nel commercio internazionale: il 40-50% degli scambi globali è ancora fatturato in dollari

  • 💳 Nel debito internazionale: il 70% delle obbligazioni emesse in valuta estera è denominato in dollari

E, invece, dove sta perdendo terreno?

La de-dollarizzazione è più evidente in tre aree specifiche:

  • 🏦 Le riserve delle banche centrali: la quota di dollari è scesa sotto il 60%, minimo degli ultimi 20 anni.

  • 📉 Il mercato obbligazionario: la proprietà straniera dei Treasury USA è crollata dal 50% nel 2008 al 30% di oggi

  • 🛢️ Le materie prime: qui la de-dollarizzazione è ancora più visibile

    • La Russia vende petrolio in valute locali o "amiche"

    • India, Cina e Turchia cercano alternative al dollaro

    • L'Arabia Saudita sta chiudendo contratti petroliferi in yuan, la valuta cinese

Ma la Cina può davvero sfidare il dollaro?

Dal 2017, proprio quando sono iniziate le tensioni commerciali con gli USA, Pechino ha sistematicamente ridotto i depositi in dollari dei suoi residenti e le sue riserve in biglietti verdi (dal 79% nel 2005 al 55% nel 2019).

La strategia cinese è chiara: ridurre la vulnerabilità a sanzioni ed embarghi americani. E con Trump di nuovo alla Casa Bianca, questa dedollarizzazione sta accelerando.

Ma i numeri parlano chiaro: lo yuan vale ancora solo il 4% delle transazioni internazionali e il 2% delle riserve globali (contro il 50% e 57% del dollaro).

La verità? Pechino non vuole necessariamente sostituire il dollaro, ma solo ridurne la dipendenza.

Cosa succederebbe se il dollaro perdesse il trono?

Le conseguenze sarebbero profonde, soprattutto per gli USA:

  • 📉 Svalutazione del dollaro e delle azioni americane

  • 📈 Aumento dei rendimenti obbligazionari USA

  • 🌍 Riequilibrio del potere economico globale

Certo, il dollaro sta perdendo qualche colpo ma (per ora) resta saldamente sul trono.

La de-dollarizzazione c'è, ma procede a velocità diverse: rapidissima nelle materie prime, lenta nelle riserve valutarie, quasi impercettibile nelle transazioni finanziarie.

Il biglietto verde non è più l'egemone incontrastato di un tempo, ma le alternative faticano ancora a emergere.

Secondo te, quale valuta ha più possibilità di sfidare il dollaro nei prossimi 10 anni?

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TECH

🤖 Meta flirta con Google: il monopolio di Nvidia sui chip AI inizia a scricchiolare

C'è un detto a Wall Street: quando tutti scavano per l'oro, l'unico che si arricchisce davvero è chi vende le pale.

Per anni, nel mondo dell’AI, quel ruolo è stato di Nvidia: monopolista indiscusso del mercato dei chip per l'intelligenza artificiale.

Ma sembra che le cose stiano cambiando…

The Information ha sganciato una bomba che ha fatto tremare il titolo Nvidia: Meta starebbe trattando con Google per portare nei propri data center i chip TPU sviluppati a Mountain View.

Non è una notizia da poco: stiamo parlando di Meta, quella che ha in programma spese in conto capitale per oltre $100 miliardi nel 2026. Se Zuckerberg decidesse di diversificare i suoi fornitori di chip, per Nvidia sarebbero dolori.

E infatti i mercati hanno reagito subito:

  • 📈 Alphabet (Google): +2,7% in late trading

  • 📉 Nvidia: -6,5%

  • 🚀 Fornitori asiatici di Google (IsuPetasys, MediaTek): balzi a doppia cifra

GPU vs TPU: perché i chip di Google fanno gola a Zuckemberg?

Le GPU di Nvidia sono nate per i videogiochi: gestiscono grafica, ray-tracing, fisica e tante funzioni diverse. Questa versatilità le ha rese ottime anche per l’AI, ma comporta una certa complessità interna, un’architettura più “pesante” perché pensata per molti compiti.

Le TPU di Google, invece, sono chip specializzati creati per una sola cosa: fare calcoli tensoriali per le reti neurali (cioè i calcoli fondamentali che permettono all’AI di elaborare informazioni). Non sono versatili come le GPU, ma proprio perché fanno una sola operazione, la fanno in modo molto più efficiente.

Il risultato è un confronto abbastanza netto:

  • 🔼 Le GPU consumano di più, costano di più, ma sono ultraflessibili

  • 🔽 Le TPU consumano meno, costano meno, ma è necessario adattarle all’ecosistema Google

Per un’azienda come Meta, che gestisce miliardi di inferenze ogni giorno la seconda opzione inizia a diventare molto appetitosa. Non per moda, non per sperimentazione ma per tagliare miliardi di dollari di costi futuri.

Ma Nvidia rischia davvero di perdere il suo trono?

Non così in fretta. Nvidia ha tre assi nella manica.

  1. 🤖 CUDA: è il software di Nvidia che tutti gli sviluppatori AI conoscono a memoria. È come Windows per i PC - puoi preferire Mac, ma alla fine tutti sanno usare Windows. Cambiare significa buttare via anni di codice e ricominciare.

  2. 🔄 Versatilità: le GPU funzionano ovunque. Le TPU? Solo dentro Google Cloud. Se le scegli, sposi Google per sempre

  3. 💪 Training: quando devi addestrare nuovi modelli AI da zero, le GPU restano imbattibili. Le TPU brillano nell'inferenza (far girare modelli già pronti), ma per ricerca e sviluppo Nvidia domina

Passare alle TPU significherebbe:

  • 🔄 Riscrivere anni di codice da CUDA

  • 🔒 Legarsi a Google Cloud senza vie d'uscita

  • 📚 Riformare tutti i team che per anni hanno lavorato su CUDA

Insomma, Nvidia non sparirà

Ma per la prima volta i giganti tech hanno un'alternativa credibile. E se l’accordo Meta–Google venisse confermato, non sarà solo una vittoria commerciale: sarà un cambio di epoca. Non più l’era dell’AI “a qualunque costo”, ma quella dell’AI sostenibile, scalabile e specializzata.

E forse, nello scacchiere dell’AI, Google non sarà più soltanto il signore del software, ma l’ingegnere che costruisce la vera infrastruttura fisica dell’AI.

Secondo te, chi dominerà il mercato dei chip AI tra 5 anni?

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