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🏭 Confindustria chiede un "piano industriale straordinario"

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!
Ecco cosa prevede il menù di oggi:
🏭 Confindustria chiede un "piano industriale straordinario"
🔋 Le big tech scoprono il nucleare
ITALIA
🏭 Confindustria chiede un "piano industriale straordinario”

Confindustria non usa mezzi termini: serve un vero piano industriale straordinario per l'Italia.
Il presidente Emanuele Orsini, dall'assemblea annuale degli industriali tenutasi a Bologna (e non a Roma, come segnale di vicinanza alle imprese sul territorio), ha lanciato un appello chiaro all’UE, al Governo Italiano, alla politica e ai sindacati, per lavorare tutti insieme a un nuovo patto.

Sul palco anche la premier Giorgia Meloni che ha risposto agli industriali: "Questa nazione ha bisogno di fare ancora tanto ma ha tutte le carte in regola per invertire la rotta. La prima cosa da fare è crederci, pensate in grande perché io farò lo stesso".
Ma cosa prevede esattamente il piano proposto da Confindustria?
Il piano di Confindustria ha obiettivi ambiziosi e cifre precise:
💰 €8 miliardi l'anno per sostenere gli investimenti per i prossimi tre anni
📈 Obiettivo di crescita del PIL al 2% nel prossimo triennio, da consolidare e aumentare nel tempo
🏭 Potenziamento di Industria 5.0
L'idea è coinvolgere industria e servizi, istituzioni e partiti (sia di maggioranza che di opposizione), forze sociali e sindacati in questo sforzo comune.
C’è però un problema…
Il nodo del costo dell'energia continua a essere un vero dramma che schiaccia le imprese italiane. Il presidente Orsini ha sottolineato l'urgenza di agire soprattutto:
📉 Riducendo gli oneri di sistema
🏭️ Estendendo i benefici a tutte le PMI industriali
☢️ Accelerando il ritorno al nucleare con piccoli reattori modulari
Lato suo la premier Meloni ha raccolto l'appello di Orsini, confermando l'impegno del Governo. Ha ricordato i €60 miliardi già stanziati per mitigare i costi energetici, ma ha aperto a interventi più strutturali.
E poi c’è la questione dei salari bassi
I salari che perdono potere d'acquisto rappresentano un problema nazionale, dato che spingono verso il basso consumi e crescita, abbattendo la dignità della vita e del lavoro.
La proposta di Orsini ai sindacati (con cui è previsto un tavolo entro fine giugno) è chiara:
👥 Lavorare insieme per alzare le retribuzioni nell'industria attraverso contratti di produttività aziendali
📊 Far crescere insieme impresa e reddito dei lavoratori, perché non può esistere una crescita senza l'altra
🛡️ Investire in formazione e prevenzione per la sicurezza sul lavoro, usando anche l'avanzo Inail di 1,5 miliardi l'anno versati dalle imprese
All’Unione Europea si chiede di più
Confindustria non si limita all'Italia e chiede all'UE di agire su due leve principali:
🇪🇺 Investimenti: serve un New Generation EU dedicato all'industria e un mercato dei capitali realmente unico e integrato
📋 Tagli alla burocrazia: rimettere al centro la competitività, abbattere gli oneri burocratici e unire le tre dimensioni della sostenibilità (economica, sociale e ambientale)
Orsini vede nel Green Deal la ragione principale della crisi industriale italiana
Orsini non usa mezzi termini quando parla del Green Deal europeo: "Le scelte degli ultimi anni stanno presentando un conto pesantissimo. Hanno indebolito la nostra competitività industriale, hanno messo a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro e, di conseguenza, l'intero sistema di welfare e di coesione sociale".
Il Green Deal europeo ha obiettivi ambiziosi sì, ma non considera l'impatto su chi deve realizzarli concretamente. E i risultati si vedono: aziende in difficoltà, posti di lavoro a rischio, competitività erosa.
Presente all'assemblea anche la presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola, che gli industriali hanno apprezzato per la consapevolezza sulla necessità di un cambiamento forte per l'Europa.

Roberta Metsola, presidente del parlamento europeo con Giorgia meloni presidente del consiglio e Emanuele Orsini presidente Confindustria
Secondo te, quale dovrebbe essere la priorità assoluta per rilanciare l'economia italiana? |
TECH
🔋 Le Big Tech scoprono il nucleare

Amazon, Google, Meta e Microsoft stanno investendo centinaia di milioni di dollari nel nucleare per alimentare i loro data center negli Stati Uniti.
No, non è una trovata pubblicitaria né l'ennesima mossa eccentrica dei giganti tech.
È una risposta pragmatica a un problema che sta diventando sempre più urgente: l'AI ha una fame di energia che le fonti tradizionali non riescono più a soddisfare.
Perché i giganti della tecnologia stanno tutti puntando sul nucleare?
La risposta ha un nome e cognome: intelligenza artificiale.
L'espansione dell'AI ha moltiplicato il fabbisogno elettrico dei data center, richiedendo una potenza di calcolo enorme a basso impatto ambientale.
Secondo la IEA (International Energy Agency), il consumo energetico globale dei data center potrebbe raddoppiare entro il 2030, arrivando a rappresentare il 4% della domanda mondiale di elettricità.
Il problema è che le fonti rinnovabili come solare ed eolico non garantiscono continuità perché dipendono dalle condizioni meteorologiche.
Il nucleare, invece, offre energia 24 ore su 24.
E no, non stiamo parlando delle centrali nucleari tradizionali: i giganti della tecnologia stanno puntando tutto sui piccoli reattori modulari (SMR), una tecnologia innovativa che potrebbe rivoluzionare completamente il settore.
Ma perché scegliere gli SMR invece di quelli tradizionali?
Le ragioni sono diverse:

🏗️ Possono essere costruiti in 5-7 anni invece di oltre un decennio
💰 Costano molto meno rispetto alle centrali tradizionali
📍 Possono essere installati vicino ai data center, generando la quantità di energia giusta per un singolo sito tecnologico
Insomma, sono più veloci, più economici e più flessibili. Una combinazione perfetta per le esigenze delle Big Tech.
A segnare l'inizio di questa nuova stagione per il nucleare americano è stata proprio Google
Il colosso di Mountain View ha stretto un accordo storico con Kairos Power, una startup californiana fondata nel 2016.
L'intesa prevede la realizzazione di circa 500 megawatt di capacità entro il 2035, con l'entrata in funzione del primo reattore già nel 2030.
Non deve quindi stupire la notizia che Google abbia recentemente assunto Patrick Taylor, ex dirigente Microsoft esperto in tecnologie nucleari, per guidare il proprio Advanced Energy Technology Team.
L’obiettivo? Gestire la transizione nucleare di Google.
E Amazon non è rimasta a guardare
Amazon ha investito $500 milioni in X-Energy, puntando a superare i 5 gigawatt di nuova capacità nucleare entro il 2039 - il più grande programma mai lanciato nel settore.
Con altri $200 milioni aggiunti successivamente, il totale dell'investimento ha raggiunto $700 milioni.
Dietro la scelta del nucleare c’è una ragione geopolitica
La scelta del nucleare da parte dei giganti del web non è solo un fatto tecnico, ma anche geopolitico.
Gli Stati Uniti e l'Europa stanno incentivando la costruzione di nuovi impianti nucleari per ridurre la dipendenza energetica e accelerare la transizione ecologica.
Nonostante tutto, il nucleare resta un tema divisivo
L'adozione su larga scala richiederà nuovo consenso sociale, alimentato da trasparenza, innovazione e standard di sicurezza elevatissimi.
In questo, le big tech possono giocare un ruolo chiave: se Google, Amazon e Microsoft riusciranno a dimostrare che l'energia atomica può essere compatibile con i principi ESG, potrebbero innescare un effetto domino su scala globale.
Secondo te, qual è la sfida maggiore per l'adozione del nucleare nei data center? |

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