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🏛️ Germania e Italia vogliono riportare a casa 245 miliardi di oro dagli USA

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🏛️ Germania e Italia vogliono riportare a casa 245 miliardi di oro dagli USA
🇺🇸 A che punto siamo con i dazi?
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POLITICA MONETARIA
🏛️ Italia e Germania rivogliono l'oro depositato negli USA

Lingotti per un valore di 245 miliardi di dollari potrebbero presto lasciare i caveau della Federal Reserve di New York per tornare a Berlino e Roma.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, Germania e Italia stanno valutando di rimpatriare parte delle loro riserve auree oggi custodite negli Stati Uniti.
Il motivo? I due Paesi sono preoccupati per la crescente instabilità internazionale unita al timore che Trump possa esercitare pressioni sulla Federal Reserve, mettendo potenzialmente a rischio la libertà di accesso alle riserve auree straniere.
Stati Uniti, Germania e Italia possiedono le più grandi riserve d'oro al mondo
Secondo i dati del World Gold Council:
🇺🇸 Stati Uniti: 8.133 tonnellate di riserve auree
🇩🇪 Germania: 3.352 tonnellate
🇮🇹 Italia: 2.452 tonnellate

Tuttavia, una parte significativa dell’oro tedesco e italiano è conservata negli USA:
🇩🇪 37% dell'oro tedesco è conservato negli USA
🇮🇹 43% dell'oro italiano è conservato negli USA
In totale, parliamo di $245 miliardi in lingotti che oggi non si trovano sotto il diretto controllo delle rispettive banche centrali.
Una ricchezza che non è mai stata in discussione perché sotto il diretto controllo della banca più potente al mondo, ma che adesso rischia di traballare.
Ma perché l’oro italiano e tedesco si trova negli USA?
Si tratta di una semplice eredità storica degli accordi di Bretton Woods del 1944, che prevedevano:
📌 I cambi delle valute mondiali inchiodati al valore del dollaro
📌 Il dollaro a sua volta fissato al valore dell'oro
📌 Gli USA come "cassaforte" sicura per le riserve auree
In quegli anni, insomma, avere i lingotti negli Stati Uniti era una garanzia.

E anche quando gli accordi sono crollati nel 1971 con l'uscita degli USA ordinata da Richard Nixon, Germania e Italia hanno deciso di lasciare lì i loro lingotti.
La scelta era legata alla diversificazione “finalizzata alla minimizzazione dei rischi“.
Ma perché Italia e Germania vogliono riportare i loro lingotti?
I timori principali sono:
⚠️ Trump potrebbe guadagnare sempre più influenza sulle politiche della Fed
⚠️ Le sue minacce sui tassi: "Forzerò qualcosa" se la banca centrale statunitense non riducesse i costi di prestito
⚠️ Rischio di limitare l'accesso ai lingotti in caso di crisi
Insomma, la posizione dell'Europa è parecchio fragile, perché sta rischiando di perdere l'ombrello protettivo degli USA. Per questo la raccomandazione è chiara: «riportare l'oro - tedesco e italiano - in patria per garantire che le banche centrali europee ne abbiano un controllo illimitato in qualsiasi momento».
Cosa succederà ora?
In Germania, il dibattito è già ben avviato. Un ex eurodeputato del partito Die Linke ha dichiarato che ci sono “forti argomentazioni” per riportare una quota maggiore di oro in Europa, alla luce dell’attuale instabilità globale.
E se persino i tedeschi – noti per la loro cautela in materia economica – si stanno muovendo, è un segnale che la questione va presa sul serio.
In Italia, invece, tutto è ancora fermo. L’oro continua a dormire nei caveau della Federal Reserve.
Un possibile motivo? Evitare frizioni nei rapporti con Washington, specialmente ora che il nostro governo coltiva un dialogo privilegiato con la Casa Bianca.
Ma secondo il Financial Times, anche a Roma qualcosa si sta muovendo, con colloqui in corso per valutare un possibile rimpatrio.
Resta solo una domanda aperta: l’Italia sceglierà la via della prudenza tedesca o continuerà a restare in silenzio per non incrinare i rapporti con Trump?
Secondo te, l'Italia dovrebbe riportare a casa il suo oro dagli USA? |
INTERNAZIONALE
🇺🇸 Ci sono novità sui dazi?

L’Europa ha meno di due settimane per scongiurare una guerra commerciale con gli Stati Uniti che rischia di costare miliardi alle aziende europee.
La scadenza segnata in rosso sul calendario è il 9 luglio, data in cui terminerà la "tregua" concessa da Donald Trump: da quel giorno potrebbero entrare in vigore nuovi dazi americani sulle merci europee. Tuttavia, si fa strada l’ipotesi di un rinvio per guadagnare tempo e cercare un’intesa.
Qual è la situazione attuale?
Già oggi le aziende europee devono fare i conti con dazi americani che sono tutto fuorché simbolici:
🏗️ Acciaio e alluminio: 50% di dazi
🚗 Auto e componenti: 25% di dazi
📦 Altri beni UE: 10% di dazi (ma Trump minaccia di portarli al 50%)
E stiamo parlando di settori che rappresentano il cuore pulsante dell'economia europea, dalle case automobilistiche tedesche alle acciaierie italiane.
Ma cosa sta succedendo esattamente?
Durante il Consiglio europeo a Bruxelles, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha confermato di aver ricevuto una controproposta dagli Stati Uniti, attualmente in fase di valutazione.
Il messaggio della presidente della Commissione è stato chiaro: "Siamo pronti per un accordo. Allo stesso tempo, ci stiamo preparando all'eventualità che non si raggiunga un accordo soddisfacente. Tutte le opzioni sono sul tavolo".
Nel frattempo, Bruxelles ha già preparato una lista di contromisure, pronte a essere attivate in caso di escalation:
Possibili dazi su €21 miliardi di beni americani, con un pacchetto aggiuntivo in discussione che potrebbe arrivare fino a 95 miliardi
Una proposta di tassa sulla pubblicità digitale che colpirebbe i giganti tech USA come Google, Meta, Apple, X e Microsoft, mirando al surplus statunitense nel settore dei servizi
Il problema è che in UE convivono posizioni molto diverse
Non tutti i paesi europei la pensano allo stesso modo su come gestire questa partita:
🇩🇪 Germania: il leader Merz spinge per un accordo rapido, ma avverte che l’UE è pronta a reagire se non si chiude positivamente
🇫🇷 Francia: Macron tiene il punto e rifiuta condizioni squilibrate "La nostra buona volontà non deve essere vista come una debolezza"
🇮🇹 Italia: Meloni, pur vicina politicamente a Trump, mantiene una posizione di equilibrio tra Berlino e Parigi: favorevole a un accordo, ma solo se trasparente e vantaggioso
E la Cina? Anche lì qualcosa si muove…
Mentre l’UE e gli Stati Uniti trattano, la Cina ha annunciato progressi con Washington.
Secondo Pechino, gli USA revocheranno alcune restrizioni commerciali (come il blocco delle esportazioni di software per semiconduttori e componenti aeronautici), e in cambio la Cina faciliterà l’export di beni soggetti a controllo, comprese alcune terre rare.
Entrambe le parti parlano di un clima positivo e auspicano relazioni economiche più stabili e sostenibili.
Insomma, mentre l'Europa continua a trattare con gli Stati Uniti sui dazi, anche la Cina sembra aver trovato un accordo con Washington.
Resta da vedere se l'eventuale proroga della scadenza del 9 luglio darà più tempo all'Europa e agli Usa per trovare un'intesa che soddisfi tutti...
Secondo te, come finirà la partita sui dazi tra USA e UE? |

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