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🏎️ Da sport in declino a macchina da soldi: la rinascita della Formula 1

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!

Il menù di oggi prevede:

  • 🏎️ Da sport in declino a macchina da soldi: la rinascita della Formula 1

  • 📚 Ritorno sui banchi: la scuola italiana tra calo studenti e boom di insegnanti

INDUSTRIA

🏎️ Da sport in declino a macchina da soldi: la rinascita della Formula 1

Il 23 gennaio 2017, in un ufficio di Londra, viene firmato un assegno da $4,4 miliardi. Non per un club di calcio, non per una startup tecnologica, ma per uno sport intero: la Formula 1.

In quel momento Liberty Media completa l’acquisizione della F1, trovandosi davanti uno spettacolo affascinante ma in declino: spettatori in calo, giovani disinteressati e un modello di business rimasto agli anni ’90.

Oggi, a distanza di otto anni, la F1 vale oltre $25 miliardi, ha raddoppiato il pubblico, genera €3,4 miliardi di ricavi all’anno e si è persino espansa con l’acquisizione della MotoGP.

Come è stato possibile? Per capirlo bisogna ripercorrere due fasi cruciale: l’era di Bernie Ecclestone e la rivoluzione americana di Liberty Media.

La nascita di un impero con Ecclestone

Per oltre quarant’anni la F1 è stata dominata da un uomo: Bernie Ecclestone.
Ex meccanico, ex pilota ed ex proprietario del team Brabham, Bernie ha avuto l’intuizione di trasformare un passatempo elitario in un business globale.

Bernie Ecclestone e Niki Lauda al Gran Premio del Brasile del 1978

  • ⚙️ Negli anni ’70 convince i team a unirsi nella Formula One Constructors Association, così da negoziare collettivamente con i circuiti

  • 📺️ Nel 1978 centralizza i diritti TV, creando il primo “pacchetto F1” da vendere alle emittenti di tutto il mondo

  • 🤝 Nel 1981 sigla il Patto della Concordia, che formalizza il suo controllo sui diritti commerciali

Il risultato? La F1 cresce, attira sponsor e diventa sempre più globale. Ma tutto passa attraverso Bernie, che costruisce un sistema centralizzato, opaco e poco equo, spesso premiando i team più fedeli con accordi speciali.

Col tempo, però, questo modello mostra i suoi limiti. Negli anni 2000 e 2010 la F1 si sposta verso nuovi mercati ricchi (Singapore, Abu Dhabi, Bahrain), alza i prezzi dei biglietti e mantiene un’aura di lusso e inaccessibilità. Un modello che funziona a livello di profitti, ma che la allontana dai giovani e dalla cultura pop.

L’arrivo di Liberty Media: da sport a intrattenimento globale

Quando John Malone, magnate di Liberty Media, decide di comprare la F1 nel 2017, vede un’opportunità: un marchio iconico, una fanbase globale potenziale, ma un prodotto che non sapeva più raccontarsi.

Il cambio di rotta è radicale. Ecclestone viene messo da parte e al suo posto arriva Chase Carey, ex presidente di 21st Century Fox. La sua missione è chiara: riportare la F1 al centro della cultura pop, trasformandola da sport elitario a piattaforma di intrattenimento.

John C. Malone e Chase Carey

Le prime mosse sono rivoluzionarie:

  • 📱 Stop ai divieti sui social: team e piloti iniziano a condividere contenuti dal paddock, generando milioni di visualizzazioni

  • 👨‍💻 Nuova identità visiva: nel 2017 arrivano nuovo logo, sigla musicale, grafiche TV e app aggiornata

  • 📺 Drive to Survive: la docuserie Netflix che racconta rivalità, drammi e personalità della F1, conquistando un pubblico giovane e femminile

Il successo è immediato: milioni di spettatori che non avevano mai visto un GP iniziano a seguirlo, attratti dalle storie umane e dai contrasti tra piloti e team principal.

Liberty Media esplora nuovi modelli di business

Viene reinventato l’intero ecosistema della F1:

  • 🏎️ Nuovi Gran Premi: Miami e Las Vegas negli USA, Jeddah e Doha in Medio Oriente

  • 🎤 Eventi come festival: concerti, fan zone, merchandising moderno, esperienze live paragonabili al Super Bowl

  • 🎙️ F1 TV: servizio streaming proprietario con telecamere dedicate, team radio e archivio storico

  • 📺️ Sponsor innovativi: da AWS, che porta grafici e dati in tempo reale, a Heineken con i suoi eventi musicali, fino a brand del lusso come Louis Vuitton

Anche lo sport stesso viene riformato:

  • 💵 Budget cap (2021): limite alla spesa dei team per aumentare la competitività

  • 📊 Redistribuzione dei premi: meno bonus ai big, più equità per tutti

  • 🕜️ Sprint Race: gare brevi al sabato per moltiplicare i contenuti e lo spettacolo

Questi cambiamenti hanno reso i team veri e propri asset miliardari. Red Bull, Ferrari e Mercedes hanno visto il loro valore schizzare, mentre scuderie storiche come Williams sono tornate appetibili.

I numeri della rinascita

Dal 2017 al 2024 i ricavi annuali della F1 sono saliti da €1,8 miliardi a €3,4 miliardi.
La ripartizione riflette il nuovo modello:

  • 32,8% dai diritti TV

  • 29,3% da circuiti e promozione gare

  • 18,6% dalle sponsorizzazioni

  • 19,3% da attività collaterali (hospitality, merchandising, F1 TV)

Nel frattempo, l’età media degli spettatori è scesa da 50 a 40 anni, la F1 è passata da essere quasi assente dai social a superare i 70 milioni di follower, mentre l’audience globale continua a crescere.

Non tutti, però, applaudono

Molti fan storici accusano Liberty Media di aver “americanizzato” la F1 con troppi GP, prezzi alti, eccessiva spettacolarizzazione e accesso privilegiato agli influencer.

C’è poi la questione ambientale: la F1 si impegna con biocarburanti e obiettivi di sostenibilità, ma rimane uno sport basato su jet privati, logistica complessa e tonnellate di attrezzature spostate in tutto il mondo.

Tuttavia, la trasformazione è chiara: Liberty Media ha rilanciato la F1, trasformandola in una macchina da soldi globale che unisce competizione, tecnologia e storytelling. Ogni gara è diventata un evento e la F1 è ora un fenomeno culturale.

Vuoi scoprire tutti i retroscena di questa incredibile trasformazione? Guarda il video completo su YouTube dove approfondiamo la storia di Bernie Ecclestone, i segreti dell'acquisizione e come la F1 è diventata una macchina da soldi. 👇️ 

ITALIA

📚 Ritorno sui banchi: la scuola italiana tra calo studenti e boom di insegnanti

Lunedì 8 settembre a Bolzano è suonata la prima campanella del nuovo anno scolastico 2025/2026. Nei prossimi giorni toccherà a tutte le altre regioni, fino al 16 settembre, quando torneranno tra i banchi anche gli studenti di Puglia e Calabria.

Dietro il rito del rientro, però, c’è una scuola che sta cambiando profondamente. Non tanto nei programmi o nelle tecnologie, ma nei numeri: sempre meno studenti, sempre più insegnanti. Un paradosso tutto italiano.

Ma cosa sta succedendo nelle nostre scuole?

Il numero definitivo degli iscritti all'anno scolastico 2025/2026 non è ancora disponibile, ma sulla base degli anni passati parliamo di circa 7,8 milioni di studenti.

Di questi:

  • 🏫 Circa 7 milioni frequenteranno le scuole statali

  • 📖 I restanti saranno nelle scuole paritarie (circa il 10% del totale, in leggero calo dal 11,5% di dieci anni fa)

Negli ultimi dieci anni, la popolazione scolastica è diminuita di quasi un milione di studenti (-9%).

E le previsioni per il futuro non sono per niente rassicuranti:

  • 📉 Dal 2026 al 2030: - 110.000 studenti ogni anno

  • 📊 Dal 2031 al 2034: - 100.000 studenti in meno ogni anno

  • 🏫 Risultato finale: 1 milione di banchi vuoti in dieci anni

E il calo non colpisce tutti allo stesso modo

Ma riguarda soprattutto i cicli scolastici legati alle nascite più recenti:

  • 👶 Le scuole dell'infanzia: - 21% degli iscritti

  • 🎒 Le elementari: -13%

  • 📚 Le medie: - 8%

  • 🎓 Le superiori: finora sono rimaste stabili (ma il calo è atteso nei prossimi anni)

Perché questa differenza?

È tutto legato all'andamento delle nascite negli anni passati:

  • 🍼 Alla scuola dell'infanzia oggi ci sono i bambini nati nel 2021: 405 mila nascite

  • 🧒 Alle elementari quelli del 2016: 473 mila

  • 🎒 alle medie quelli del 2014: 503 mila

  • 🏫 Alle superiori quelli del 2008: 576 mila

E le previsioni ISTAT non sono incoraggianti: quest'anno le nascite saranno circa 372 mila e nei prossimi trent'anni oscilleranno tra i 320 e i 400 mila l'anno.

Meno nascite oggi significano meno studenti domani, e quindi meno lavoratori e contribuenti per sostenere un numero crescente di pensionati.

E mentre gli studenti calano, i docenti aumentano

Ed eccoci al dato più sorprendente: nonostante il numero degli studenti sia in calo, quello degli insegnanti nelle scuole statali continua a crescere.

I numeri sono impressionanti:

  • Nel 2014/2015 i docenti erano 722 mila (di cui 110 mila di sostegno)

  • Nel 2024 sono arrivati a 890 mila (con 205 mila insegnanti di sostegno)

Facendo due conti, negli ultimi dieci anni:

  • 📉Studenti: -9%

  • 📈 Insegnanti: +23%

  • Rapporto studenti/insegnante: da 0,94 a 1,26 ogni 10 studenti (+34%)

L’aumento più significativo riguarda gli insegnanti di sostegno: +86% in dieci anni, mentre quelli ordinari sono cresciuti del 12%.

Questo squilibrio tra studenti e docenti evidenzia l’urgenza di interventi strutturali

Non si tratta solo di ottimizzare l’organico scolastico, ma anche a sostenere la natalità e il futuro demografico del Paese. Alcune proposte emerse:

  • 💰 Assegno unico potenziato: +50%, maggiorazioni dal terzo figlio, indicizzazione automatica all’inflazione, erogazione già dal 7° mese di gravidanza

  • 🏫 Servizi scolastici reali: pre-scuola gratuito ovunque, voucher per baby-sitter, orari più flessibili per i docenti con figli

  • 👩‍🍼 Tutele lavorative: permessi retribuiti fino agli 8 anni del figlio, maggiore flessibilità oraria

  • 👨‍👨‍👦‍👦 Famiglie numerose: bonus e agevolazioni dal terzo figlio, priorità per case popolari e detrazioni fiscali più ampie

  • 🏫 Salvaguardia dei territori: mantenere scuole aperte anche con pochi alunni, incentivi per insegnanti in aree a rischio spopolamento, progetti comunitari

L’Italia è davanti a una scelta decisiva: agire subito con un piano serio e strutturale per la natalità, oppure rassegnarsi a un futuro segnato da scuole vuote, comunità desertificate e un sistema previdenziale insostenibile.

Non è più una questione di statistiche: è il nostro futuro collettivo.

Cosa dovrebbe fare l’Italia per affrontare il calo demografico e la crisi scolastica?

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