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🪙 Bitcoin VS oro: chi vince la sfida dei beni rifugio?

Buongiorno! Questo è il Punto, la newsletter che ti spiega l’economia e l’attualità in modo semplice e veloce!
Ecco cosa offre il menù di oggi:
🪙 Bitcoin VS oro: chi vince la sfida dei beni rifugio?
💰 La metà del mondo in tasca a 60 milioni di persone
IN COLLABORAZIONE CON Young Platform
🪙 Bitcoin VS oro: chi vince la sfida dei beni rifugio?
Da anni ormai il dibattito è aperto: Bitcoin può davvero competere con l'oro come bene rifugio?
Campbell Harvey, professore della Duke University, ha provato a dare una risposta in uno studio pubblicato a settembre 2025.
Cosa hanno in comune oro e Bitcoin?
A prima vista, le somiglianze ci sono eccome:
💎 Entrambi sono rari e quasi impossibili da riprodurre o contraffare
💸 Né l'oro né Bitcoin generano flussi di cassa
📉 Entrambi hanno bassi tassi di "inflazione" dell'offerta: l’oro è limitato per quanto se ne può estrarre, mentre per Bitcoin esiste un tetto massimo di offerta che non potrà mai essere superato
⛏️ I costi di estrazione sono elevati per entrambi: l'oro costa tra $1.150 e $1.400 per oncia, mentre il mining di Bitcoin richiede enormi quantità di energia e hardware specializzati
Insomma, sulla carta il paragone "oro digitale" non sembra così azzardato.
Ma dove sta allora la differenza?
La principale riguarda la reazione di questi due asset in periodi di tensione geopolitica e macroeconomica.
Secondo lo studio di Harvey, oro e Bitcoin hanno registrato una forte correlazione dal 2022 al 2024, ma questa relazione si è interrotta all'inizio nel 2025.
In questo periodo, infatti, l'oro ha sovraperformato come bene rifugio, mentre Bitcoin si è mosso con più volatilità, raggiungendo sì i massimi a $126.000, ma poi ritracciando più di recente.
Questo sviluppo recente ha quindi riportato al centro il dibattito su Bitcoin, che per alcuni è il futuro, mentre per altri è un “qualcosa di dubbio valore”.
Probabilmente, per quanto simili o diversi, sia oro che Bitcoin potrebbero assolvere la stessa funzione, e cioè quella di asset per diversificare una piccola parte del portafoglio.
Se guardiamo ai dati, cosa succederebbe se aggiungessi Bitcoin a un portafoglio tradizionale?
Immaginiamo di avere un portafoglio classico composto per il 60% da azioni e il 40% da obbligazioni.
Cosa succederebbe se aggiungessimo anche una piccola percentuale di Bitcoin?
Per capirlo, possiamo analizzare i risultati degli ultimi 10 anni (2016-2025) e guardare ai rendimenti di 3 portafogli:
Portafoglio 1️⃣: 60% azioni e 40% obbligazioni e 0% Bitcoin
Portafoglio 2️⃣: 59,4% azioni, 39,6% obbligazioni e 1% Bitcoin
Portafoglio 3️⃣: 57% azioni, 38% obbligazioni e 5% Bitcoin
Per valutare davvero come questi portafogli si sono comportati, non basta però guardare al rendimento totale, perché sarebbe come giudicare un film solo dall’ultima scena.
Per questo possiamo usare i rolling returns, che in pratica ci mostrano come sarebbe andato ogni portafoglio se avessimo iniziato a investire in anni diversi dentro lo stesso periodo.
Un esempio semplice: immaginiamo di voler vedere come si è comportato un portafoglio su 5 anni alla volta. Invece di guardare solo 2016–2021, prendiamo tutte le finestre possibili da 5 anni dentro il decennio. Quindi guardiamo 2016–2021, poi 2017–2022, poi 2018–2023, e così via.
Ogni finestra ci racconta una storia leggermente diversa, perché parte in un momento diverso del mercato.
Così, invece di una singola fotografia, otteniamo una sorta di “filmato” dell’andamento nel tempo, che ci fa capire se una strategia è stata stabile, quanto ha retto nei momenti difficili e quanto spesso ha offerto buoni risultati.
Considerato questo, che cosa ci dicono i numeri?
Beh, ci dicono che aggiungendo una piccola quota di Bitcoin aumenta di poco la volatilità di portafoglio, ma ha un effetto positivo sui rendimenti medi annuali, confermando l’efficacia di Bitcoin come strumento di diversificazione di portafoglio.
Rolling Returns | 3 anni | 5 anni | 7 anni | Drawdown max (‘16-’25) |
|---|---|---|---|---|
PTF 1️⃣ | 8,83% | 9,29% | 8,78% | -20,08% |
PTF 2️⃣ | 9,79% | 10,32% | 9,73% | -20,43% |
PTF 3️⃣ | 13,58% | 14,35% | 13,47% | -21,85% |
*Fonte: Simulazione Rolling Returns - Dati dal 1° gennaio 2016 al 30 novembre 2025. Stocks rappresentate dall'SPDR S&P 500 ETF Trust (SPY). Bonds rappresentati dall'iShares Core US Aggregate Bond ETF (AGG). Bitcoin è rappresentato dal prezzo spot del Bitcoin. Escluse tasse o costi di transazione.
E quindi dovremmo investire tutto su Bitcoin?
La risposta è - ovviamente - no.
E non solo perché i rendimenti passati non ci danno garanzie sui rendimenti futuri, ma perché esporsi eccessivamente su qualsiasi tipo di asset - che sia Bitcoin, oro, azioni o materie prime - è sempre una strategia miope, perché non tiene conto del principio cardine degli investimenti: la diversificazione.
Questi dati, quindi, non dovrebbero farci pensare di “puntare tutto” su un singolo asset, quanto piuttosto di inserirlo in una piccola parte del portafoglio, per cogliere le opportunità che offre senza però aumentare esponenzialmente il nostro rischio.
E questo è importante ricordarcelo, per evitare di cadere nell’errore di seguire sempre “l’oggetto più scintillante” e investire tutto in asset che non capiamo davvero.
Ma se volessi dedicare una parte del portafoglio a Bitcoin, cosa converrebbe fare?
Come per la maggior parte degli investimenti, l’approccio più sensato è quello di andare passo passo. Con gli strumenti tradizionali è usuale avviare un Piano di Accumulo, che permette all’investitore di acquistare in modo ricorrente senza cercare di “comprare ai minimi e vendere ai massimi”.
È qui che entra in gioco l'exchange italiano di cryptovalute Young Platform. Per quanto riguarda Bitcoin, o altre tipologie di criptoattività, puoi avviare l‘Acquisto Ricorrente’, che ti consente di programmare acquisti automatici con la frequenza che preferisci.
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Il presente contenuto è redatto con indipendenza editoriale. Ha finalità esclusivamente informativa e non costituisce consulenza finanziaria, legale o fiscale, né un’offerta o una sollecitazione all’investimento ai sensi del D.Lgs. 58/1998 (TUF). Le cripto-attività sono strumenti altamente volatili e l’investimento in esse comporta rischi significativi, inclusa la possibilità di perdita totale del capitale. Le performance passate non sono indicative di risultati futuri e nessuna garanzia è fornita circa i rendimenti o la protezione del capitale. Prima di assumere qualsiasi decisione di investimento, l’utente è tenuto a effettuare valutazioni autonome e, se necessario, a consultare un consulente qualificato.
ECONOMIA
💰 La metà del mondo è in tasca a 60 milioni di persone

Nel 2024 la ricchezza globale è cresciuta del 4,6%. Una buona notizia, no?
Sì e no. Perché se la torta si è ingrandita, le fette non sono state tagliate in parti uguali.
Anzi, tutt'altro.
Secondo l'ultimo Global Wealth Report di UBS, al vertice della piramide finanziaria globale siede una ristretta élite che detiene quasi la metà degli asset mondiali, mentre miliardi di persone si devono accontentare delle briciole.
Ma cosa si intende per “ricchezza“?
Quando si parla di ricchezza in questi report, non ci si riferisce allo stipendio o al reddito annuale, ma al patrimonio netto: cioè il valore di tutto ciò che si possiede (case, terreni, azioni, obbligazioni, liquidità) al netto dei debiti.
È la ricchezza accumulata nel tempo, non quella che entra ogni mese in busta paga.
E come è distribuita questa ricchezza?
UBS ha diviso i 3,8 miliardi di adulti del pianeta in quattro fasce di ricchezza. I numeri parlano chiaro:
💎 Oltre $1 milione: 60 milioni di persone (l'1,6% della popolazione) possiedono $226.000 miliardi, pari al 48,1% della ricchezza globale
💼 Tra $100k e $1 milione: 628 milioni di persone (16,4%) detengono $184.000 miliardi, il 39,2% del totale
👥 Tra $10k e $100k: 1,57 miliardi di persone (41,3%) possiedono $56.000 miliardi, solo il 12,1%
📉 Meno di $10k: 1,55 miliardi di persone (40,7%) si spartiscono appena $2.700 miliardi, lo 0,6% della ricchezza mondiale
Insomma, l'1,6% della popolazione controlla quasi la metà di tutto.
E il 40% più povero del pianeta? Deve accontentarsi di meno dell'1%.
Dentro il club dei super ricchi
Anche tra i 60 milioni di "milionari" al vertice, la distribuzione è tutt'altro che uniforme.
Esiste infatti un sottoinsieme ancora più esclusivo: i 2.891 miliardari del mondo, che da soli detengono oltre $15.800 miliardi. E tra questi:
🏆 15 persone possiedono oltre $100 miliardi ciascuna, per un totale di $2.350 miliardi
💰 16 persone hanno tra $50 e $100 miliardi, per $1.150 miliardi
🎯 2.860 persone possiedono tra $1 e $50 miliardi, per $12.170 miliardi
Avete letto bene: 15 individui, da soli, controllano più di $2.000 miliardi.

Il rovescio della medaglia
Questo quadro di opulenza record si staglia su uno scenario mondiale di forte disuguaglianza.
Un rapporto di Oxfam di inizio anno ha calcolato che nel 2024 la ricchezza complessiva dei miliardari è cresciuta di $2.000 miliardi in un solo anno, circa $5,7 miliardi al giorno.
Nello stesso periodo, oltre 3,5 miliardi di persone continuano a vivere con meno di $6,85 al giorno, una soglia di povertà che non si è praticamente mossa dal 1990.
Insomma…
La ricchezza globale cresce, ma i benefici non sembrano "sgocciolare" verso il basso in modo efficace. La base della piramide, pur rappresentando quasi la metà della popolazione mondiale, resta economicamente marginale.
E mentre il vertice si allontana sempre più verso l'alto, la distanza tra chi ha molto e chi ha poco continua ad allargarsi.
Secondo te, la concentrazione della ricchezza è... |

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