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📈 2050: quale sarà l’economia più potente?

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Ecco cosa offre il menù di oggi:

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ECONOMIA
📈 2050: quale sarà l’economia più potente?

Se il 2050 sembra essere un futuro lontano, la realtà è che è più vicino di quanto sembri. E in 27 anni il progresso tecnologico farà passi da gigante, cambiando radicalmente il mondo in cui vivremo.

Lo stesso progresso contribuirà, come è lecito aspettarsi, alla crescita economica globale.

Crescita economica che, secondo un recente report di PWC, avrà un valore medio pari al +3,5% annuo.

Ma quale diventerà l’economia più potente nel 2050?

Ok, partiamo da oggi

Prima di parlare di previsioni, guardiamo quali sono i paesi, in questo momento, con il PIL più elevato:

  1. 🇺🇸 Stati Uniti: $23.300 miliardi

  2. 🇨🇳 Cina: $16.900 miliardi

  3. 🇯🇵 Giappone: $4.900 miliardi

  4. 🇩🇪 Germania: $4.200 miliardi

  5. 🇮🇳 India: $3.700 miliardi

  6. 🇬🇧 Regno Unito: $3.400 miliardi

  7. 🇫🇷 Francia: $2.900 miliardi

  8. 🇮🇹 Italia: $2.200 miliardi

  9. 🇨🇦 Canada: $2.000 miliardi

  10. 🇧🇷 Brasile: $1.800 miliardi

Ad oggi, le prime 10 economie del mondo contribuiscono per circa il 66% dell'economia globale, mentre con le prime 20 arriviamo al 79%.

Di conseguenza, la restante parte dei paesi del mondo produce solamente poco più del 20% dell'economia globale totale (il buon vecchio principio di Pareto si applica anche qui!)

Ma come crescerà la popolazione?

Prima di tornare a parlare di economia, una breve parentesi sul numero di abitanti che si stima vivranno sul nostro pianeta tra trent’anni (perché ci servirà poi).

Secondo le Nazioni Unite, nel 2050 la popolazione terrestre conterà ben 9,7 miliardi di persone, segnando un aumento di quasi il 25% rispetto ad oggi.

Anche la distribuzione sarà differente: la maggior parte della crescita sarà in Africa, che vedrà i propri abitanti aumentare da 1,4 miliardi a 2,5 miliardi di persone.

Situazione analoga anche per gli Stati Uniti, che continueranno a crescere e arriveranno al loro picco massimo.

Al contrario, in Europa e Cina la popolazione diminuirà e crescerà di conseguenza l’età media.

L’Asia rimarrà comunque il maggior bacino di popolazione globale, arrivando a contare il 54% del totale.

Ma quindi, quale saranno le economie più potenti?

La classifica che ci si aspetta in termini di PIL sarà quindi:

  1. 🇨🇳 Cina, $41.900 miliardi

  2. 🇺🇸 Stati Uniti, $37.200 miliardi

  3. 🇮🇳 India, $22.200 miliardi

  4. 🇮🇩 Indonesia, $6.300 miliardi

  5. 🇩🇪 Germania, $6.200 miliardi

  6. 🇯🇵 Giappone, $6.000 miliardi

  7. 🇬🇧 Regno Unito, $5.200 miliardi

  8. 🇧🇷 Brasile, $4.900 miliardi

  9. 🇫🇷 Francia, $4.600 miliardi

  10. 🇷🇺 Russia, $4.200 miliardi

Gli aumenti a livello di PIL e i principali cambiamenti rispetto alle posizioni attuali derivano proprio dai due elementi che già abbiamo nominato:

  • 🤖 Progresso tecnologico

  • 👨‍👩‍👧 Aumento di popolazione

E proprio il secondo avrà un impatto mooolto significativo: i paesi con una popolazione più giovane avranno un grande vantaggio competitivo rispetto agli altri (e non è un caso quindi vedere India e Indonesia salire così tanto rispetto alla posizione odierna).

E nel 2050, l’Asia avrà un peso enorme…

Secondo le proiezioni di Goldman Sachs, l'Asia (senza il Giappone) arriverà a pesare il 40% del PIL globale, una quota superiore ai mercati sviluppati odierni, che varranno il 36%.

Insomma, una bella differenza rispetto ai primi anni Duemila, quando i mercati sviluppati pesavano il 77% ed il mercato asiatico si stava solo “facendo spazio tra i grandi”.

Cina e India la faranno da padroni, anche se si prevede che la crescita di Pechino rallenterà in modo significativo.

A tutto gas andranno invece le economie di:

  • 🇵🇭 Filippine (+3,5% /anno)

  • 🇮🇳 India (+3,1% /anno)

  • 🇧🇩 Bangladesh (+3,0% /anno)

E se ci avete fatto caso, nella classifica delle prime dieci economie nel 2050, l’Italia non é presente… e questo dovrebbe farci riflettere.

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FUSIONI E ACQUISIZIONI
📞 TIM vende la propria rete agli americani?

Ormai è fatta: Tim vende (una parte) agli americani.

Ma prima, facciamo un salto indietro…

L’inizio del mese di novembre è stato caratterizzato dalla chiusura di un super accordo, che ha visto TIM vendere la sua infrastruttura di rete ad un noto fondo americano, per una cifra miliardaria.

Per capire la questione TIM, però, occorre fare un salto indietro a maggio del 2022, quando venne assegnato il bando “Italia a 1 Giga”.

Quest’ultimo prevedeva lo stanziamento di €3,6 miliardi del Pnrr, con l’obiettivo di portare internet veloce a circa 7 milioni di indirizzi civici sparsi in tutta Italia.

E i €3,6 miliardi erano stati divisi tra due aziende:

  • Open Fiber, azienda leader nell’ambito delle infrastrutture di rete per la telefonia, che ricevette €1,8 miliardi

  • Tim, che ricevette €1,6 miliardi

Lo stanziamento dei fondi era il primo passo di un piano più grande, portato avanti dall’allora presidente del consiglio Mario Draghi e finalizzato alla creazione di un’infrastruttura di rete a banda larga unica su tutto il territorio italiano (di questo progetto se ne era parlato più volte anche anni prima, senza però mai riuscire a portarlo a compimento).

Per questo motivo era stato firmato un accordo preliminare a fine maggio 2022 tra TIM e Cassa Depositi e Prestiti (maggiore azionista di Open Fiber assieme a Macquarie - un altro fondo).

Ma cosa prevedeva l’accordo?

TIM avrebbe ceduto la propria infrastruttura di rete ad Open Fiber per circa €18 miliardi. Il fine era semplice: Tim si sarebbe concentrata sul suo core business (servizi di telefonia) e Open Fiber avrebbe gestito tutto ciò che riguardava l’infrastruttura (cioè quello che fa funzionare internet e la telefonia in Italia).

Nel frattempo però, il Governo tecnico cade e le cose cambiano…

La nuova Premier eletta Giorgia Meloni, infatti, blocca il deal e riapre la gara per l’infrastruttura di rete di TIM, che viene scorporata sotto il nome di NetCo.

Tra i pretendenti, oltre al consorzio formato da CDP e Macquarie, arriva anche un noto fondo di investimenti statunitense: KKR.

KKR sembra fin da subito essere l'opzione preferita dal CDA di TIM, anche grazie all’offerta economica maggiore (all’inizio si era parlato di una cifra compresa tra i €21 e i €23 miliardi, contro i €19 miliardi di CDP e Macquarie).

E il vincitore è… KKR!

Alla fine il CDA di Tim si convince: l’opzione migliore è vendere la rete (NetCo) al fondo americano (KKR).

Quando tutto sembra definito però, sorge un altro intoppo: per l’Italia l’infrastruttura di rete di TIM è un asset strategico e venderla totalmente ad un fondo estero è un rischio che il governo non è disposto a correre.

Meloni decide quindi di mettere una condizione alla trattativa: andrà in porto, ma al tavolo si deve sedere anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

E così è: il MEF si aggiudicherà tra il 15% e il 20% di NetCo, per un esborso di €2,2 miliardi e per poter dire la sua sulle future decisioni strategiche dell’azienda.

E arriviamo all’accordo

Il 5 novembre, il consiglio di amministrazione di TIM ha accettato la vendita di NetCo a KKR (tramite la controllata Optics Bidco), per una cifra base di €18,8 miliardi (che potrebbe arrivare in futuro a ben €22 miliardi).

Accordo che risponde alle esigenze di TIM, che era “sul mercato” per trovare un’accordo che le permettesse di alleggerirsi da quel macigno da €14 miliardi di debito che si portava appresso (che dopo la vendita scenderà a €6,2 miliardi).

Operazione che rende felice il CEO di TIM Pietro Labriola, secondo cui la vendita di NetCo metterà TIM in una posizione privilegiata e di attacco per future acquisizioni o fusioni con altri player del settore.

Insomma, sembrerebbe una situazione win-win per tutte le parti coinvolte.

C’è però chi è contrario a questa acquisizione…

  • Vivendi: più di tutti, contrario alla vendita a KKR è Vivendi, azienda francese delle telecomunicazioni, che tra le altre è azionista di TIM e di Mediaset. Vivendi che ha definito la decisione del CdA illegittima e ha promesso ricorsi in tribunale per bloccare l’affare.

    Il motivo? La decisione di accettare la proposta di KKR è stata presa dal Consiglio di Amministrazione di TIM, mentre secondo Vivendi si sarebbe dovuta convocare un’assemblea speciale degli azionisti, per chiedere la loro opinione.

  • Sindacati: E poi ci sono i sindacati, che hanno protestato violentemente, sopratutto per il timore che quest’operazione porti a numerosi licenziamenti.

  • Contrari: molti ritengono che vendere ad un player straniero un asset così strategico non sia affatto una buona idea, e che una soluzione migliore sarebbe stata andare per la via della nazionalizzazione con l’obiettivo di mantenerne il pieno controllo.

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